Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 07:58.
La proposta di Federmeccanica sull'apertura ai contratti aziendali alternativi al contratto nazionale «non indebolisce Confindustria» che «non intende sottrarsi alla sfida della modernità».
Lo ribadiscono il vicepresidente Edoardo Garrone e il direttore generale, Giampaolo Galli. «Chi parla di Confindustria ridimensionata pensa al passato», sostiene Garrone, «il nostro futuro dovrà coniugare il profilo unitario della rappresentanza a livello centrale con la valorizzazione delle specificità territoriali e di categoria». Il vicepresidente per l'organizzazione e il marketing associativo, interviene sulla vicenda Fiat: «Non assume alcuna valenza disgregante né segna una rottura nel quadro associativo», afferma, «al contrario, valorizza il ruolo dell'associazionismo imprenditoriale e anche quello dei sindacati che vorranno porsi l'obiettivo di vincere le sfide della modernità in un contesto radicalmente mutato in questi anni di profonda crisi».
Sulla stessa lunghezza d'onda, Giampaolo Galli: «Sui giornali leggo che sarebbe la fine di Confindustria – ha detto ad un convegno della Fisac–Cgil –. Non credo sia così: è il modello tedesco, come in Germania credo che saranno pochissime le aziende che faranno contratti aziendali». Per Giampaolo Galli, comunque, «il metro di giudizio non deve essere se questa cosa è buona o cattiva per Confindustria», bisogna guardare piuttosto «se è buona o cattiva per il paese e per i lavoratori». Quanto alla Fiat, il dg di Confindustria sottolinea che «si è fatta un proprio contratto alternativo e non integrativo rispetto al contratto nazionale», si tratta di «prendere atto di ciò che c'è nella realtà, senza discutere se la realtà è razionale o non lo è». Del resto «accade anche in altri paesi e non credo che là i lavoratori stiano peggio».
Allo stesso convegno il presidente Abi, Giuseppe Mussari, ha proposto al sindacato un confronto all'insegna della «condivisione più che della concertazione», mettendo da parte «esclusioni, conflitti e ricatti sul lavoro». (G. Pog.)