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Economia Aziende

I consumi del metano vicini ai livelli pre-crisi

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2011 alle ore 13:56.

In ripresa i consumi globali di metano nel nostro paese. Tanto da tornare sui livelli ante-crisi, come mostrano i dati a consuntivo 2010 che saranno diffusi nei prossimi giorni da Anigas, l'associazione confindustriale degli operatori. Segno inequivocabile della ripresa economica, commentano gli analisti: a fronte di una marcato aumento della richiesta del settore termoelettrico (che al gas si affida ormai in misura massiccia) è infatti la produzione industriale a registrare la spinta più evidente.

Ed ecco che nel 2010 il consumo complessivo di metano è stato di 82,8 miliardi di metri cubi, il 6,6% in più rispetto al 2009 e appena il 2,04% in meno rispetto all'anno record 2008, quando l'Italia ha bruciato 84,5 miliardi di metri cubi confermando la crescita continua degli anni precedenti.
L'industria spinge con un aumento dell'11,1% a fronte del 4% di maggior richiesta del settore termoelettrico. E i consumi di dicembre sembrerebbero particolarmente indicativi della ripresa, con prelievi totali di quasi 11 miliardi di metri cubi, il 10% in più rispetto all'ultimo mese del 2009. Certo, l'impennata deve scontare la maggiore richiesta di riscaldamento trainata da temperature medie inferiori rispetto a dicembre 2009, ma proprio in questo periodo ha spinto la produzione industriale: +13,1%.

Insomma, lo scenario dell'Italia a tutto gas si conferma in pieno. Con tutte le opportunità e le incognite. Super-dipendenti dal gas, certo. Ma in grado, volendo, di cogliere i potenziali vantaggi. Accompagnando il programma di ritorno al nucleare, che avrà tempi necessariamente lunghi, con la trasformazione dello stivale un profittevole hub del gas per l'intero continente europeo (ci incita, tra gli altri, il presidente uscente dell'autorità per l'energia, Alessandro Ortis). Tutto dipende dal potenziamento delle infrastrutture di trasporto, distribuzione, e soprattutto di importazione.

Le incognite non mancano, contingenti e in prospettiva. Sul primo versante i segnali degli ultimi giorni sono piuttosto allarmanti. Come noto circa un terzo della nostre importazioni vengono dal quadrante sud, con la parte del leone giocata dal gas algerino che ora captiamo attraverso le tubazioni che attraversano Tunisia e presto rafforzeremo con il nuovo gasdotto in costruzione Galsi, che passa dalla Sardegna. Ma intanto le instabilità politiche sociali della Tunisia creano problemi: la scorsa settimana le importazioni di gas algerino attraverso il gasdotto TransMed che approda a Mazara del Vallo si sono praticamente dimezzate, crollando dai circa 95 milioni di metri cubi al giorno d'inizio anno al picco minimo 53 milioni di metri cubi del 18 gennaio, per poi risalire un po'. Al taglio si è fatto fronte aumentando le forniture da Nord attraverso il gasdotto Tag, passate da una media di 75 milioni di metri cubi a picchi di 110 milioni.

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Tags Correlati: Alessandro Ortis | Anigas | Consumatori | Italia | Paolo Romani | Tunisia

 

Ce la potremmo cavare, in futuro, grazie ai tanti progetti di nuovi gasdotti, che vanno dal Galsi nel quadrante sud alle megastrutture Nabucco, South Stream e Itgi dal quadrante est. Ma ecco, anche qui, le incognite. Il nostro ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ha appena sottolineato (vedi Il sole 24 Ore di ieri) come tutti questi progetti si accavallano senza un quadro strategico complessivo. Sono forse troppi. E viste le loro massicce necessità finanziarie i paesi interessati e la stessa Ue dovranno fare delle scelte. Privilegiando qualcosa e tagliando le gambe a qualcos'altro. Con il rischio - va osservato - che proprio queste decisioni, forse inevitabili, possano impantanare l'intero e già ritardatario adeguamento delle infrastrutture. E a rimetterci di più potrebbe essere proprio il nostro paese.

Proprio ora che siamo in ripresa. Come confermano, intanto, anche i consumi elettrici, sebbene con un'accelerazione meno evidente: +1,6%, a 318 terawattora nel 2010, ancora lontani dal pieno riassorbimento del crollo del 6,7% segnato nel 2009 sul 2008. Ma anche su questo versante i segnali positivi, a ben vedere, non mancano. E arrivano proprio dalle infrastrutture. Nel 2010 la produzione delle centrali elettriche nazionali – fa sapere il gestore dei mercati energetici nel suo ultimo bollettino – è cresciuta del 2,5% a fronte di una riduzione del 3,1% delle importazioni.

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