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L'Ocse boccia il turismo italiano

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2011 alle ore 08:17.


MILANO
Governance, infrastrutture, promozione e statistiche: sono questi i fattori di debolezza del turismo in Italia evidenziati da un'analisi dell'Ocse, "Oecd Italy tourism policiy review 2011", eseguita per conto del dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo e presentata ieri a Milano durante la consegna dei diplomi del master in Tourism management della Iulm.
«Il turismo – afferma Sergio Arzeni, direttore del Centro per l'imprenditoria, le Pmi e lo sviluppo locale dell'Ocse – è uno dei più importanti settori economici del nostro paese e il suo sviluppo potenziale a lungo termine è importante. Basti pensare al suo ruolo come driver delle esportazioni con il 40% dell'export di servizi, secondo, in Europa, solo alla Spagna. Inoltre, se il mercato nazionale rappresenta la fetta principale del business con una quota del 57%, i visitatori stranieri giocano un ruolo molto importante. Altra peculiarità del settore è il peso che hanno le piccole e piccolissime imprese, tanto che negli ultimi anni è cresciuto moltissimo il numero di servizi di ospitalità diversi dagli alberghi che invece sono rimasti stabili».
Un freno a questi elementi di crescita arriva però innanzitutto dalla governance del settore. «L'Italia – aggiunge Arzeni – ha bisogno di una strategia nazionale del turismo: serve una riforma dell'Enit e un maggior coordinamento tra stato e regioni anche per una promozione del paese più coerente ed efficace». L'Ocse poi mette in evidenza alcune lacune per quanto riguarda i trasporti, soprattutto nel sud dell'Italia, e ritardi infrastrutturali per esempio per quanto riguarda l'alta velocità ferroviaria. Ma anche la mancanza di dati statistici omogenei che invece servirebbero per un miglior approccio strategico per lo sviluppo del settore.
Eppure l'Italia rimane una destinazione con un'attrattività altissima e un marchio molto forte soprattutto per quanto riguarda arte, cultura ed enogastronomia, come spiega Renzo Iorio, amministratore delegato di Accor Italia, e «rappresenta anche un buon mercato come clienti italiani che ogni anno vanno all'estero. Tuttavia, come manager di un gruppo internazionale, per "vendere" l'Italia a eventuali investitori devo combattere contro luoghi comuni e percezioni che disincentivano qualsiasi iniziativa, dal fatto che sia una destinazione turistica cara alla sensazione che abbia un'economia stagnante all'impressione che dà all'estero di non avere un piano di sviluppo forte per il turismo. Il rischio è che, dopo un primo ciclo di investimenti forti effettuati in Italia, molte compagnie straniere adesso rallentino, puntando più sul franchising».

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Tags Correlati: Accor | Armando Peres | Comitato Turismo | Enit | Gianni Bastianelli | Italia | Ocse | Renzo Iorio | Roberto Rocca | Sergio Arzeni |

 

I problemi ci sono e vanno risolti, sostiene Armando Peres, vicepresidente del Comitato Turismo dell'Ocse, «tuttavia non dobbiamo sottacere che negli ultimi due anni il turismo italiano ha reagito meglio di altri paesi, ma anche di altri settori a livello nazionale».
Ma questo non basta per Gianni Bastianelli, coordinatore di Confturismo. «Le associazioni di categoria – spiega – si trovano schiacciate tra una miriade di enti locali che si occupano di turismo, in Italia sono circa 12mila, e un coordinamento centrale. Le regioni hanno le risorse e decidono come utilizzarle anche perché l'Enit, a cui spetterebbe la decisione su come promuovere l'Italia all'estero, è commissariata da un anno e mezzo. Il risultato? Ognuno si muove autonomamente. Servono invece regole precise di governance altrimenti ognuno fa come gli pare. Per quanto riguarda le infrastrutture, da tempo sosteniamo che due sono le variabili che determinano la scelta della destinazione per le vacanze: il prezzo e il tempo che ci vuole per raggiungere una località. Su quest'ultimo punto l'Italia perde».
Per vincere, secondo Roberto Rocca, direttore generale del dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo, servono maggiori sinergie tra stato e regioni e un minimo di programmazione. «Circa due anni fa – dice – abbiamo chiesto all'Ocse di analizzare la situazione italiana che mostra la necessità di un migliore coordinamento delle risorse e della politica promozionale. Adesso bisogna intervenire: stato e regioni devono fare sistema perché oltre a promuoverlo un prodotto va anche sviluppato».
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