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Economia Aziende

Ripresa più solida con l'aggancio alla bussola Ue

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2011 alle ore 08:14.

BERGAMO. Dal nostro inviato
L'Europa è lo strumento che le imprese italiane, l'economia, ma soprattutto il deludentissimo mondo politico devono usare per uscire dalla crisi, che non è finita finché gli indicatori non saranno tornati ai livelli del 2008. L'Europa deve essere percepita come sostegno per l'Italia, che non ha più alcuna difesa. Dal momento di difficoltà si potranno estrarre – distillare – le risorse migliori e lo strupento per ricominciare migliori di prima. È il "paradosso di Monti", come è stato definito ieri mattina a Bergamo il concetto espresso da Mario Monti, presidente della Bocconi e già commissario europeo: finora nei momenti di difficoltà profonda l'Europa e l'Italia hanno saputo ritrovare la rotta e individuare le energie per crescere, mentre quando tutto sembra andare bene ci sono i semi della stanchezza. In altre parole, le crisi sono maieutiche. Il "paradosso" è stato il fil rouge che ha accompagnato tutti gli interventi al convegno annuale che la Fondazione Italcementi Carlo Pesenti ha tenuto ieri a Bergamo. In platea, personalità di spicco come Giovanni Bazoli (Intesa SanPaolo) e Dieter Rampl (Unicredit).
«Evitare la stagnazione in uno scenario di maggiore concorrenza globale e in un contesto di finanza pubblica insostenibile» è il succo del contributo video di José Barroso, presidente della Commissione Ue. «Un coordinamento di questo tipo è essenziale. Dobbiamo aumentare la governance economica all'interno della zona dell'euro e su scala europea». la priorità europea è ora accelerare le riforme, pena il perdere la gara schiacciati tra Stati Uniti e Cina.
Dopo il saluto di Giovanni Giavazzi, presidente della fondazione, l'intervento di Monti ha tracciato la linea del dibattito coordinato da Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera. L'Europa ha fatto passi avanti verso un mercato unico, ha creato la moneta unica e si è allargata a nuovi stati membri. «Manca ancora una costituzione, ma il trattato di Lisbona ci si avvicina», dice Monti. «Questi risultati hanno assorbito energie politiche enormi, distolte ad altre funzioni di governo come la crescita. Oggi però l'Europa è pronta per ripartire».

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Scendendo su scala nazionale, l'Italia deve ritornare a guardare all'Europa, dove «non ha più nessuna tutela» e dove ci troviamo un «governo fumoso». Monti ammonisce: «Se si deride il mercato, come quando è esplosa la crisi, non bisogna poi sorprendersi che l'opinione pubblica italiana non colga l'introduzione della competitività nella riforma universitaria o la necessità di elementi di flessibilità sul mercato del lavoro».
Mercato interno, innovazione e infrastrutture sono la ricetta proposta – seppure con visioni differenti – da Carlo Secchi e da Lucrezia Reichlin, mentre punta su digitale, scienza ed energia di Vittorio Colao, amministratore delegato della Vodafone: «Proprio durante la crisi può essere il momento nel quale dare l'accelerazione alla creazione del mercato unico europeo», dice Colao riferendosi a Monti. Per quanto riguarda le scelte dell'azienda che guida, aggiunge che «siamo disposti e determinati ad avere un ruolo a 360 gradi nelle telecomunicazioni in Italia: se questo avverrà con un investimento diretto o compartecipato o in altra maniera lo deciderà l'amministratore delegato di Vodafone Italia». Lucidamente pessimista Mario Deaglio, mentre Francesco Giavazzi pronostica una ricomposizione della domanda dopo lo scompaginamento delle carte dovuto alla crisi.
Il presidente del gruppo Italcementi, Giampiero Pesenti, è fiducioso: «L'importante è che tutti facciano la propria parte. Noi, e parlo da imprenditore, non possiamo permetterci di perdere questa sfida».
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