House Ad
House Ad
 

Economia Gli economisti

La trappola dell’inflazione in Asia

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2011 alle ore 14:20.


NEW HAVEN – L’Asia ha un problema di inflazione. Prima lo affronta, meglio è. Sfortunatamente, non ha ancora ben compreso quanto ciò sia urgente.

La volontà di fronteggiare l’inflazione è contrastata dalla forte dipendenza dell’Asia dall’export e dalla domanda esterna. Spaventati per una possibile ricaduta della domanda di mercato in un mondo post-crisi ancora vacillante, i policymaker asiatici non sono ancora pronti a sostenere esplicitamente la stabilità dei prezzi. Tutto ciò deve cambiare, prima che sia troppo tardi.

Eccetto il Giappone, che resta impantanato in una deflazione apparentemente cronica, l’inflazione asiatica è salita al 5,3% nei 12 mesi precedenti novembre 2010, rispetto al 3,5% del 2009. Nei due giganti della regione i trend sono particolarmente preoccupanti, con un’inflazione che in Cina ha superato la soglia del 5% e in India l’8%. L’aumento dei prezzi è allarmante in Indonesia (7%), a Singapore (3,8%), in Corea (3,5%) e in Thailandia (3%).

L’incremento netto dei prezzi dei prodotti alimentari influisce notevolmente in Asia sull’aumento dell’inflazione primaria, calcolata sui prezzi al consumo. Certamente, questa non è una situazione da poco per le famiglie a basso reddito che vivono nel mondo in via di sviluppo, dove la percentuale di generi alimentari nei bilanci famigliari – il 46% in India e il 33% in Cina – corrisponde al doppio e al triplo di quella prevista nei paesi sviluppati.

Al contempo, si è registrato un notevole peggioramento dell’inflazione sottostante, che esclude i prezzi sui generi alimentari e sui prodotti energetici. L’inflazione annuale sottostante in Asia (ad esclusione del Giappone) viaggiava al 4% alla fine del 2010 – crescendo di circa un punto percentuale rispetto alla fine del 2009.

Una lezione chiara della Grande Inflazione degli anni 70 è che le banche centrali non possono permettersi di non cogliere il senso della differenza tra inflazione primaria e inflazione sottostante. Gli effetti di ricaduta sono inevitabili, e una volta avviato un incremento corrosivo delle previsioni inflazionistiche, diventa tutto più difficile da districare. La buona notizia per l’Asia è che la maggior parte delle autorità monetarie della regione sta, di fatto, inasprendo la politica. La cattiva notizia è che, in generale, sono lenti ad agire.

L’articolo continua sotto

Tags Correlati: Cina | Giappone | India | Indonesia | Simona Polverino | Singapore | Stati Uniti d'America | Stephen S. Roach | Thailandia

 

I mercati finanziari sembrano aspettarsi un maggiore inasprimento monetario in Asia – almeno questo è il messaggio che si legge nel forte deprezzamento delle valute asiatiche, che sembrano rispondere alle potenziali manovre sui tassi di interesse. Rispetto al dollaro americano, un paniere di pari peso composto dalle 10 maggiori valute asiatiche (ad esclusione dello yen giapponese) ha subito l’effetto delle distorsioni generate dalla crisi del 2008-2009 e ora è ritornato ai massimi pre-crisi.

Naturalmente, le economie guidate dall’export non possono prendere alla leggera l’apprezzamento valutario, dal momento che ciò compromette la competitività, rischia di intaccare la percentuale di mercato globale del paese, e invita a destabilizzare gli afflussi di hot money o di capitale speculativo. Considerato il tenue clima post-crisi, con le incerte prospettive di domanda nei maggiori mercati del mondo sviluppato, l’Asia si trova nella classica trappola della politica monetaria: da un lato cerca di tirarsi indietro dall’inasprimento monetario, dall’altro espone le valute più forti a un impatto negativo.

Esiste una sola via d’uscita per l’Asia: un significativo incremento dei tassi di interesse reali, ossia al netto del tasso di inflazione. I tassi di riferimento sono attualmente inferiori all’inflazione primaria in India, Corea del Sud, Hong Kong, Singapore, Thailandia e Indonesia, e sono solo leggermente positivi in Cina, Taiwan e Malesia.

Le lezioni apprese dalle precedenti lotte contro l’inflazione sono chiare su un punto fondamentale: le pressioni inflazionistiche non possono essere contenute da tassi di interesse reali a breve termine, negativi o leggermente positivi. L’unica strategia efficace anti-inflazione implica un aggressivo inasprimento monetario, ossia una politica restrittiva per i tassi di interesse. Più si rimanda tale intervento, più dolorosi saranno l’aggiustamento finale e le relative conseguenze per la crescita e l’occupazione. Dal momento che l’inflazione, sia primaria sia sottostante, si trova in una fase di accelerazione, le banche centrali asiatiche non possono permettersi di procedere senza fare nulla per contrastare tale fenomeno.

L’Asia ha decisamente troppi punti importanti sulla propria agenda strategica per restare intrappolata in una politica monetaria. Tutto ciò è particolarmente vero nel caso della Cina, il cui governo è incentrato sugli obblighi di ribilanciamento a favore dei consumi in base al suo XII Piano quinquennale, che prenderà il via a partire da quest’anno.

Sinora, la leadership cinese ha adottato un approccio moderato nei confronti dell’inflazione. Ha per lo più ritoccato all’insù i coefficienti di riserva obbligatoria delle banche, e al contempo ha introdotto misure amministrative per far fronte alle pressioni sui prezzi dei generi alimentari, approvando alcuni aumenti simbolici dei tassi di interesse e gestendo un modesto aggiustamento al rialzo della valuta.

Il mix di rigore politico cinese, tuttavia, deve convergere in modo più decisivo verso un aumento dei tassi di interesse. Dal momento che l’economia cinese cresce ancora a un tasso annuo prossimo al 10%, il governo può permettersi di rischiare maggiormente con la politica monetaria nel breve periodo, allo scopo di aprire la strada ad un programma strutturale.

In effetti, il dilemma della Cina è l’emblema di un’importante sfida che attende i paesi asiatici in via di sviluppo: la necessità di spostare il modello di crescita dalla domanda esterna a quella interna. Ciò non può accadere senza un incremento dei salari e del potere di acquisto dei lavoratori. Ma, in una situazione di crescente inflazione, qualsiasi sforzo in tal senso potrebbe alimentare lo scoppio della temuta spirale prezzi-salari – la stessa interazione letale che mise in subbuglio gli Stati Uniti negli anni 70. L’Asia può evitare tale problema e continuare a sostenere il ribilanciamento a favore dei consumi semplicemente bloccando l’inflazione sul nascere.

Si enfatizza molto la capacità di resistenza dell’Asia in un clima post-crisi, che per altri risulta difficile. Trainate dalla Cina, le ambiziose economie dell’Asia in via di sviluppo vengono sempre più considerate come i nuovi e potenti motori di un mondo a più velocità. Anche se non si è ancora certi dell’effettiva transizione della leadership economica globale, l’Asia deve comunque affrontare le sfide critiche che potrebbero accompagnare questo nuovo ruolo. Se non sarà prontamente fronteggiata, l’inflazione potrebbe seriamente compromettere la capacità della regione di superare tali sfide.

Stephen S. Roach, membro della facoltà dell’Università di Yale, è anche consigliere indipendente di Morgan Stanley Asia e autore di The Next Asia.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona Polverino

Shopping24

Da non perdere

Per l'Italia la carta del mondo

Mentre la crisi reale morde più crudelmente, mentre i mercati finanziari saggiano possibili

In Europa la carta «interna»

Batti e ribatti sui nudi sacrifici degli altri, sull'algido rigore senza paracadute e prima o poi

La commedia di Bruxelles

Al Parlamento europeo è andato in scena il terzo atto di una commedia dal titolo: Regole per le

Guarguaglini: ecco le mie verità

«Ho sempre detto che ero innocente, le conclusioni delle indagini lo dimostrano: nell'archiviazione

Una redistribuzione di buon senso

Arrivano dal ministero della Giustizia le nuove piante organiche dei tribunali. Un intervento

Casa, la banca non ti dà il mutuo? Allora meglio un affitto con riscatto. Come funziona

Il mercato dei mutui in Italia resta al palo. Nell'ultimo mese la domanda di prestiti ipotecari è


Jeff Bezos primo nella classifica di Fortune «businessperson of the year»

Dai libri alla nuvola informatica: Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon,

Iron Dome, come funziona il sistema antimissile israeliano che sta salvando Tel Aviv

Gli sporadici lanci di razzi iraniani Fajr-5 contro Gerusalemme e Tel Aviv costituiscono una

Dagli Assiri all'asteroide gigante del 21/12/2012, storia di tutte le bufale sulla fine del mondo

Fine Del Mondo, Armageddon, end of the World, Apocalypse? Sembrerebbe a prima vista roba da