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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2011 alle ore 06:38.
ROMA
Dalla competizione all'Alleanza. Superando i vecchi steccati che in passato hanno diviso la Confcooperative, le coop bianche di matrice cattolica, da quelle rosse della Legacoop e le verdi, laiche e liberaldemocratiche, dell'Agci.
Erano anni che ad ogni assemblea veniva lanciata l'idea di superare le divisioni. Ieri è accaduto, con la nascita dell'Alleanza delle cooperative italiane, un logo con tre C, fondo blu con in mezzo i tre colori, verde, bianco e rosso, nel rispetto dell'ordine alfabetico.
«Un progetto che avrà il ruolo di rafforzare il movimento cooperativo in Italia», è stato il messaggio del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
La formula è quella del "coordinamento stabile", ma l'obiettivo è molto più ambizioso: avere una rappresentanza forte per contare di più nei rapporti con le istituzioni, con le altre organizzazioni imprenditoriali, con i sindacati.
Partita la macchina, infatti, si andrà avanti, come ha annunciato Luigi Marino, presidente della Confcooperative e primo portavoce, «per ragioni storiche»: entro due anni l'Alleanza sarà replicata su tutto il paese tra le associazioni settoriali e territoriali, tenendo conto delle diverse realtà locali; poi nascerà una Federazione per arrivare entro 5 anni all'unità organica, cioè la fusione. A muovere le coop, è stata anche la nascita di Rete imprese Italia, tra artigianato e commercio, rendendo evidente che non si poteva più aspettare.
«Non parlerò del passato, in cui ci siamo divisi, e nemmeno di ideologie, che sono bandiere di divisione. Mettiamo insieme la nostra identità e non sono buoni esempi da seguire i partiti politici che si uniscono precipitosamente o strumentalmente e poi perdono brandelli di classe dirigente e pezzi di elettorato», ha esordito Marino, aprendo l'evento che ha formalizzato la nascita dell'Alleanza: un fatturato complessivo di 127 miliardi, 43mila imprese, oltre 12 milioni di soci e un milione e 100mila occupati, numeri che rappresentano il 90% del settore.
Nelle parole di Marino, Giuliano Poletti e Rosario Altieri c'era soprattutto sintonia. Marino lo afferma: «Dire che tra le cooperative ci sia un'identica valutazione sulla politica italiana sarebbe eccessivo. Ma siamo vicini al 90 per cento». Gli altri concordano. Le coop danno atto al governo di aver fronteggiato la crisi, ma ora bisogna occuparsi di crescita. «Lo spettacolo cui stiamo assistendo è deprimente», ha detto Marino.