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Economia Gli economisti

Addio alla globalizzazione

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2011 alle ore 18:01.


FIRENZE – Il termine globalizzazione si è diffuso in tutto il mondo negli anni ’90 ed ha raggiunto il massimo livello di popolarità tra il 2000 ed il 2001. Nel 2001Le Monde ha, ad esempio, fatto più di 3500 riferimenti alla mondializzazione. Ma da allora le cifre sono iniziate a diminuire in modo graduale (più dell’80% entro il 2006). Dallo scoppio della crisi finanziaria del 2007, l’utilizzo della parola globalizzazione nei principali giornali, come il New York Times ed il Financial Times si è ulteriormente ridotto. La globalizzazione sta uscendo di scena.

Una breve storia del concetto che si nasconde dietro a questo termine ed il paragone con un altro termine che è stato ugualmente screditato dal suo abuso, aiuta a spiegare quello che si è verificato.

Le due più importanti innovazioni concettuali del ventesimo secolo, il totalitarismo e la globalizzazione, sono di origine italiana. Il primo termine si riferisce alla tumultuosa metà del ventesimo secolo, il secondo alla sua fine benigna. Il totalitarismo si è disintegrato nel 1989, proprio quando ha preso il sopravvento la globalizzazione.

Entrambi i termini hanno avuto origine come forme di critica mirate a indebolire e sovvertire le stesse tendenze politiche che descrivevano, ed entrambi sono finiti per essere utilizzati dai fautori delle rispettive tendenze con la stessa frequenza ed entusiasmo

La vita concettuale del totalitarismo iniziò nel 1923 come forma di critica o parodia da parte dello scrittore liberale, Giovanni Amendola, delle pretese megalomani del nuovo regime di Benito Mussolini. Nel corso di pochi anni, divenne il termine che definiva il fascismo italiano, avvallato dal Ministro dell’Educazione al tempo di Mussolini, Giovanni Gentile, che giunse ad essere il filosofo ufficiale del fascismo. Il termine fu in seguito incorporato in un articolo scritto da un autore fantasma e firmato dallo stesso Mussolini all’interno del Dizionario del fascismo.

Sia nell’uso ostile che celebrativo della parola, il totalitarismo è stato pensato per descrivere un movimento che comprendesse ogni aspetto della vita ed inteso come una filosofia coerente applicata alla politica, all’economia e alla società. Ai fascisti piaceva considerarsi ricchi di un sapere omnicomprensivo e padroni di un potere totalitario.

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Tags Correlati: Benito Mussolini | Fmi | Forum | Giovanni Gentile | Globalizzazione | Harold James | IBM | Matteo Albanese | Organizzazione Mondiale per il Commercio

 

Oggi, pochi conoscono l’origine del termine globalizzazione. L’Oxford English Dictionary cita come primo riferimento dell’uso corrente un articolo accademico del 1972. La parola era comunque stata utilizzata in precedenza, ma con un’accezione diversa. Si trattava di un termine diplomatico che indicava il legame tra le aree politiche più disparate (ad esempio nel negoziare simultaneamente questioni finanziarie e di sicurezza).

L’etimologia dell’Oxford English Dictionary non riporta le origini non inglesi del termine che possono invece essere trovate nell’originale terminologia del radicalismo studentesco dell’Europa continentale. Nel 1970 il quotidiano italiano di sinistra, il giornale clandestino Sinistra Proletaria, riportava un articolo intitolato Il processo di globalizzazione della società capitalista, che descriveva fondamentalmente l’attività dell’IBM, un’organizzazione che si presenta come un ente totalitario che controlla tutte le sue attività per arrivare al profitto e ‘globalizza’ tutto il processo produttivo. Poiché, secondo l’articolo, l’IBM era presente in 14 paesi e vendeva i suoi prodotti in 109 altri paesi, conteneva in sé la globalizzazione (mondializzazione) dell’imperialismo capitalista. Quest’oscura pubblicazione di sinistra è il primo riferimento noto alla globalizzazione nell’accezione contemporanea.

Da allora il termine ha avuto alti e bassi. E’ diventato sempre più di moda negli anni ’90, ma è finito per essere in gran parte abusato. Alla fine degli anni ’90 e all’inizio del 2000, le manifestazioni anti-globalizzazione hanno preso di mira l’Organizzazione Mondiale del Commercio, il Fondo Monetario Internazionale, il Forum Mondiale dell’Economia e Mc Donald’s. In quegli anni la globalizzazione era considerata, come nella prospettiva degli italiani di sinistra degli anni ’60, come uno sfruttamento dei poveri di tutto il mondo da parte di un élite plutocratica e tecnocratica.

Ma nel 2000, il significato di globalizzazione è cambiato ed ha iniziato ad assumere un’accezione semi-positiva, in gran parte perché sembrava sempre più che i principali beneficiari della globalizzazione comprendessero molti dei mercati emergenti in rapida crescita. Effettivamente, i paesi che erano precedentemente descritti come sottosviluppati o terzo mondo hanno iniziato a diventare egemonie globali incipienti. Inoltre, molti critici del passato hanno iniziato a riconoscere la connessione globale come un modo per risolvere i problemi globali, tra cui il cambiamento climatico, la crisi economica e la povertà.

Gli storici hanno iniziato a proiettare la globalizzazione nel passato. Ora non è più vista come la storia di un’integrazione portata avanti dal mercato del capitale dell’ultimo ventennio del ventesimo secolo, o persino come una prima ondata di globalizzazione nel diciannovesimo secolo quando lo standard dell’oro ed i telegrammi attraverso l’Atlantico sembravano unire il mondo. Per contro, la visione storica più profonda e ampia è quella di una globalizzazione che abbraccia l’impero romano e la dinastia Song e che va indietro fino ad arrivare alla globalizzazione della specie umana che ha la stessa origine africana.

I termini che usiamo per descrivere fenomeni politici e sociali complessi e i vari processi sono caratterizzati da strane ambiguità. Alcuni concetti nati come forme di critica vengono rapidamente trasformati fino ad assumere un’accezione celebrativa.

Con l’arrivo del 2011 la retorica anti-globalizzazione è in gran parte scomparsa, mentre la globalizzazione non è ormai più considerata come un movimento per cui lottare o da sostenere, bensì come una caratteristica fondamentale della storia umana in cui le geografie più disparate e temi diversi sono intrecciati inestricabilmente. In breve, la globalizzazione ha perso il suo piglio polemico e con questa perdita la sua attrattiva, quale concetto, è svanita.

Harold James è professore di storia e affari internazionali presso l’Università di Princeton. Matteo Albanese è ricercatore di storia presso l’Istituto Universitario Europeo.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Marzia PecorariPodcast in inglese a quest’indirizzo:

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