Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2011 alle ore 08:45.
Bernd Osterloh è un uomo Volkswagen anche più del patriarca Ferdinand Piech, a fianco del quale siede nel consiglio di sorveglianza della Vw. Nato nel 1956 a Braunschweig, a pochi chilometri da Wolfsburg, prende il diploma commerciale ed entra in Volkswagen a 21 anni, nel 1977. “Ero già papà e mi servivano soldi”. Lavora cinque anni in produzione, di cui due alla catema di montaggio; poi già nel 1982 viene eletto rappresentante sindacale e percorre passo passo tutta la carriera fino al gradino più alto: dal 2005 è capo del consiglio di fabbrica del gruppo Volkswagen, e nello stesso anno viene eletto fra i rappresentanti sindacali nel consiglio di sorveglianza dell’azienda, l’organismo di controllo sui manager tipico del sistema tedesco della Mitbestimmung (co-decisione).
Una vera e propria carta geografica della Mitbestimmung è il presidium, il comitato ristretto che all’interno del consiglio prende le decisioni più importanti. Ne fanno parte sei membri, tre espressi dagli azionisti e tre dal sindacato: i primi tre sono Ferdinand Piech e Wolfgang Porsche - i cugini/nemici che si sono dati battaglia per due anni al tempo della fallita scalata di Porsche a Volkswagen - e David McAllister, che a dispetto del nome britannico è il premier del Land della Bassa Sassonia (socio di Vw con il 20%); sul fronte sindacale abbiamo Osterloh, il suo vice Bernd Wehlauer e Berthold Huber, il potente capo della Ig Metall, il sindacato dei metalmeccanici tedeschi. Come membro del consiglio di sorveglianza Osterloh guadagna 200mila euro l’anno, che come tutti i suoi colleghi sindacalisti devolve (per la normativa interna) alla fondazione Hans Boeckler che promuove l’attività sindacale in Germania.
Il suo ruolo a metà tra sindacalista e dirigente comporta anche onori e oneri accessori; per esempio, Osterloh siede insieme a Piech nel consiglio del VfL Wolfsburg, la squadra di calcio della città che naturalmente è controllata dall’azienda. Proprio dal Wolfsburg vengono di questi tempi i pochi dispiaceri per la dirigenza del gruppo: dopo la straordinaria stagione 2008/09, culminata con la vittoria nella Bundesliga, la squadra è caduta a precipizio e rischia ora la retrocessione...
Ma Osterloh è reduce da una maratona a lieto fine: nella notte tra lunedì e martedì ha firmato con l’azienda (insieme ai suoi colleghi della Ig Metall) il nuovo contratto di lavoro dei 100mila dipendenti Volkswagen degli impianti tedeschi: 3,2% di aumento da maggio, una tantum da 500 a 1000 euro.
Il sindacato ha appena raggiunto un accordo con l’azienda sul nuovo contratto di lavoro. E’ soddisfatto?
“Soddisfatti non lo si è mai del tutto; certo, le richieste dei lavoratori che rappresentiamo devono essere conciliate con la situazione economica dell’azienda. Abbiamo ottenuto il 3,2% di aumento dei salari su base permanente e un pagamento una tantum da 500 a 1000 euro. Ma qui alla Vw abbiamo dal 2006 la possibilità di partecipare ai risultati dell’azienda, nella misura del 10% dell’utile operativo prodotto qui in Germania. Quando le cose vanno bene, come quest’anno, si possono stimare fino a 2mila euro a testa (i risultati definitivi verranno resi noti il mese prossimo, ndr)”.
Crede che la parte variabile del salario sia destinata a crescere?
“Non avrei nulla in contrario”.
Il contratto 2011-12 si è chiuso dopo 3 incontri negoziali e senza neppure uno sciopero. Da quanto tempo non scioperate qui a Wolfsburg?
“Che io mi ricordi, l’ultima volta che abbiamo indetto un referendum per lo sciopero è stato nel 1978, 33 anni fa; ma anche quella volta, nonostante il sì dei lavoratori, non arrivammo allo sciopero. Certo, ogni tanto c’è qualche fermata del lavoro di un’ora o due (senza necessità di referendum preventivo, ndr), quando vogliamo mettere un po’ di pressione sull’azienda; ma anche queste sono rare”.
Come fa la Volkswagen, con costi del lavoro tra i più elevati d’Europa, ad avere così tanto successo all’export?
“Il segreto è che negli ultimi anni abbiamo abbattutto drasticamente i costi per unità di prodotto. Intanto, va detto che il peso del costo del personale sul costo complessivo del prodotto da noi è solo del 10-11 per cento. In secondo luogo, con il contratto firmato nel 2006, quando riportammo la settimana lavorativa da 4 a 5 giorni a parità di salario, il costo unitaro per l’azienda scese del 20 per cento; un terzo di questa riduzione, diciamo un terzo, fu pagato dall’azienda una tantum (con riferimento ai 5 anni successivi); un altro 30% fu coperto dal bonus sui risultati; un terzo restò interamente a carico dei lavoratori”.
L’aumento di produttività deriva anche dagli investimenti che sono stati fatti...
“Il concetto più importante è quello della produzione su piattaforme modulari, che permette risparmi sui conti fino al 25 per cento. è un concetto che è stato sviluppato alla Audi e che applicheremo qui in Volkswagen con la nuova Golf”.
Che tipo di informazioni chiede il sindacato all’azienda sui futuri investimenti? E quali garanzie?
“Il programma di investimenti ci viene comunicato ogni anno a novembre nella riunione del consiglio di sorveglianza, dove ci sono 10 rappresentanti dei lavoratori e 10 dell’azienda. Quali investimenti in che marca, in che paese, in che fabbrica, in quale modello. Nel novembre scorso, per esempio, abbiamo stabilito che in tre anni qui a Wolfsburg verranno investiti 2,2 miliardi di euro per la nuova Golf e per la realizzazione delle piattaforme modulari. Lo stesso vale per il contratto del 2006: anche allora avevamo concordato con l’azienda quale modello sarebbe stato costruito in quali numeri. Ciò viene sottoscritto dal consiglio d’amministrazione e da quello di sorveglianza. E poi noi ci fidiamo di questo management, se non non l’avremmo votato (i rappresentanti sindacali nel consiglio di sorveglianza partecipamo all’elezione del board, ndr): io posso siglare accordi solo con persone di cui mi fido. Certo, la proprietà è in grado di far passare la sua scelta anche contro il nostro parere; ma preferisce un voto unanime; e noi siamo convinti che il Dott. Martin Winterkorn (l’attuale amministratore delegato, ndr) sia la persona giusta”.
I guadagni di produttività non mettono a rischio i vostri posti di lavoro?
“I tempi necessari a produrre ogni singola auto scendono, ma il numero di auto prodotte ogni anno cresce. E sono ottimista anche per i prossimi anni, visto che abbiamo un’ottima gamma di modelli. Certo, lì da voi in Italia siamo presenti ancora in dosi omeopatiche, ma vogliamo crescere. E poi ci sono un sacco di mercati in tutto il mondo dove potremmo esportare... Inoltre la tendenza dei clienti ad acquistare auto sempre più accessoriate ci dà una mano, perché produciamo sempre più componenti”.
Una strategia che funziona solo in tempi di crescita, ma le previsioni qui in Europa non sono tanto buone...”
“In primo luogo vogliamo continuare ad aumentare la quota di mercato in Europa. Suona un po’ strano detto da un membro dei sindacati, ma dobbiamo strappare quote alla concorrenza. In secondo luogo, ci sono mercati dove possiamo crescere molto, come gli Usa, la Russia, l’India, tutti con nuove fabbriche. Ciò aiuterà anche l’occupazione in Germania, perché molti componenti li produciamo qui”.
Com’è che i sindacati in Germania sono più flessibili di quelli di altri Paesi?
“Non posso parlare per l’estero. Per quanto riguarda la Volkswagen credo sia importante - e credo che valga solo qui da noi - il fatto che i profitti e l’occupazione siano due obiettivi dell’impresa di pari rango. Ai tempi dell’ultima crisi, per esempio, azienda, sindacati e governo erano tutti convinti che i posti di lavoro spariti non sarebbero più tornati. Per questo tutti hanno cercato soluzioni comuni, dalla cassa integrazione alla banca delle ore alle rinunce salariali; e questo ci ha dato poi la possibilità di uscire molto velocemente dalla crisi, al contrario di chi aveva chiuso stabilimenti e licenziato. Peraltro qui a Wolfsburg abbiamo sofferto la crisi molto meno di altri: abbiamo avuto cinque giorni di chiusura nel 2009 ma già nel secondo semestre eravamo di nuovo così occupati da dover fare straordinari”.
Come funziona con gli straordinari? C’è bisogno dell’autorizzazione del sindacato?
“Nel 2010 abbiamo fatto complessivamente 40 turni straordinari, ovvero 13-14 giorni. Per lo straordinario ci vuole il via libera del consiglio di fabbrica. Per esempio, ci facciamo la domanda: non si può spostare della produzione in altri impianti più scarichi? E anche a noi non piace molto che la gente debba lavorare quando c’è la partita del sabato! Ma negli ultimi 5 o 6 anni non abbiamo mai detto di no”.
Ai tempi della fallita scalata di Porsche a Volkswagen, due anni fa, si era parlato del possibile ingresso dei lavoratori nel capitale di Volkswagen. A che punto è il progetto?
“Stiamo preparando la sua realizzazione; non posso dirle di più, ma siamo sulla buona strada”
Che quota avrete?
“E’ presto per dirlo; il nostro obiettivo è arrivare al 3% del gruppo”.
La relazione tra sindacati e azienda nel quadro della Mitbestimmung non diventa forse troppo stretta? Qualche anno fa ci fu un grosso scandalo, che constrinse il suo predecessore a dimettersi: la Volkswagen teneva buoni i sindacalisti con soldi e tangenti...
“Da allora abbiamo cambiato tutte nostre le regole che erano state allora criticate; ma il problema non erano le norme sulla rappresentanza sindacale: erano quelle del consiglio d’amministrazione! In ogni caso, bisogna stare attenti a evitare che i lavoratori pensino che uno si adatta troppo. Quando negli anni 90 andavamo in Brasile a raccomandare moderazione salariale e a “vendere” la settimana di quattro giorni per far fronte al calo della produzione, ci davano del “pelego”, che in brasiliano vuol dire “sottosella”: come darci del “tappetino”. In ogni caso, qui a Wolfsburg nelle elezioni per il consiglio di fabbrica dello scorso anno abbiamo ottenuto il 90,4% dei voti. Quindi i lavoratori si fidano di noi. Ma lei ha ragione, non è facile gestire la nostra posizione. Noi cerchiamo di discutere il più possibile con i lavoratori, facendo riunioni in ogni reparto con 60-70 persone per volta. Vorrei ricordare un’altra cosa: non tutti i contrasti e tutte le liti che abbiamo con la proprietà diventano di dominio pubblico; abbiamo dei meccanismi per risolverli all’interno. Certo, a volte mi arrabbio e mi lascio prendere la mano, e allora la cosa finisce sui giornali”.
Come è successo due anni fa, all’epoca della tentata scalata di Porsche a Volkswagen...
“Allora è stato necessario, perché ne andava dell’esistenza stessa della società: della conservazione del nostro contratto di lavoro specifico di Volkswagen, per esempio, e di quegli oltre 20mila posti di lavoro che non sono direttamente nella produzione. Quanto a Porsche, avevamo dubbi che si potesse gestire un colosso come il nostro gruppo allo stesso modo di una azienda relativamente piccola come la loro.
Adesso è Volkswagen ad avere di fatto acquisito Porsche. E Alfa Romeo’ Che ne direbbe se Winterkorn comprasse anche quella? Alfa Romeo è sempre stata una marca stupenda dal punto di vista del design; credo che andrebbe benissimo per il gruppo Volkswagen. Ma so che Sergio Marchionne non la vuole vendere.
L'ACCORDO 3,2% L'aumento Sindacati e azienda hanno siglato martedì l'accordo per il rinnovo del contratto dei lavoratori Volkswagen, con un aumento medio pari al 3,2%, quasi la metà rispetto alle richieste iniziali dei sindacati. L'intesa riguarda 100mila lavoratori distribuiti all'interno di sei stabilimenti 500 Bonus minimo L'intesa raggiunta, dopo soli tre round negoziali, prevede anche l'erogazione di un bonus pari all'1% dello stipendio. Il livello minimo non potrà comunque essere inferiore ai 500 euro.