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Economia Aziende

Se i trasporti sono un percorso ad ostacoli

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2011 alle ore 08:45.

Nel confronto fra sistemi-nazione i capitali scelgono se restare o dove andare in base a quanto viene loro offerto. Il libero mercato non esiste. Esiste il mercato libero: tutti possono offrire tutto. Risorse a fondo perduto, prestiti vincolati agli investimenti, infrastrutture. Quest'ultimo capitolo è la prima risorsa "naturale" che mette in competizione città, regioni, stati, continenti.
Il che vale per la Fiat come per ogni altra multinazionale, qualunque sia la sua base direzionale e dovunque si trovi la sua sede sociale. In un paese complesso come l'Italia, il primo problema è costituito dal luogo dello stabilimento, e dalle vie di comunicazione di cui è circondato.

Poche, di solito, rispetto al resto d'Europa. Non a caso, in Italia il 73% dei costi della logistica sono coperti dai trasporti (contro una media europea del 60), e il problema maggiore di tutti rimane quello di far entrare e uscire le merci dagli stabilimenti. Compresa la Fiat, naturalmente.

A Mirafiori, la barriera più alta sono le Alpi. Che, incredibile a dirsi, restano ben difficili da superare. Senza scomodare per forza la Tav, i problemi partono con le vie di comunicazione storiche: il traforo autostradale del Frejus, via di sbocco per Francia e Regno Unito (ma anche per Spagna e Portogallo, in alternativa al valico del Monginevro o a Ventimiglia) e quello del Bianco, preferito dai camion diretti al centro Europa; per le merci che viaggiano su gomma (il 90% del totale) il passaggio è un salasso (434 euro per un camion euro5, 459 per uno euro2) ma d'altronde il servizio dell'Autostrada ferroviaria alpina, che consente ai tir di salire sul treno a Torino e di scendere a Aiton, in Savoia, non aiuta di molto: «Il viaggio dura due ore, esattamente come per strada, e per arrivare da Torino a Parigi occorre un giorno e mezzo pause comprese», osserva Enzo Pompilio, segretario del Fai provinciale. Morale: in una settimana un camion riesce a coprire a fatica due viaggi. «Che invece diventerebbero tre con l'alta velocità Torino-Lione - fa notare ancora Pompilio -, perché si potrebbero sfruttare le tratte in treno per far riposare i conducenti», in grado di partire la domenica sera e rientrare già al martedì mattina.

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Tags Correlati: Basilicata | Enzo Pompilio | Fai | Fiat | Frejus | Germania | Livio Ambrogio | Molise | Parigi | Polverini | Spagna | Torino | Trasporti e viabilità

 

Ma è un futuro lontano (e incerto), così come è ancora nel libro dei sogni la tangenziale est di Torino, che consentirebbe di chiudere l'anello autostradale intorno al capoluogo ed evitare i cronici incolonnamenti del mattino e della serata. Il treno? «Un disastro per chi viaggia verso la Francia o la Spagna, già meglio per chi punta verso la Germania», evidenzia Livio Ambrogio, presidente dell'omonimo gruppo di trasporti, che opera su rotaia. Sì, perché se da Torino per trasportare una tonnellata verso la Germania occorrono sette euro ogni mille chilometri grazie agli incentivi offerti dalla Svizzera, se la destinazione è Parigi la tariffa sale a 15 euro; senza contare che per transitare sotto al tunnel del Frejus i convogli non possono superare i 500 metri e le 1.100 tonnellate, la metà di quanto imposto per transitare in territorio elvetico.

Molta gomma e poco ferro anche a Cassino, a due passi dall'autostrada A1. L'area industriale è ben servita, al punto che nel distretto nel corso degli anni si sono addensati diversi operatori logistici. Ma i problemi ci sono, anche qui. E spesso riguardano Fiat. Un esempio? Le decine di mezzi pesanti che ogni giorno attraversano il parco nazionale d'Abruzzo per trasportare i semilavorati prodotti dalle presse di Cassino e destinati ad Atessa, dove si produce il Ducato: due ore e mezza per percorrere 120 chilometri.

Tempi non facili da abbattere, mentre qualche passo in avanti si è fatto all'interno del distretto che ruota intorno all'auto anche grazie alla legge regionale 46/2002, che ha consentito di investire 25 milioni su collegamenti, servizi, nuove tecnologie. Peccato che proprio adesso che lo stabilimento aspetta la produzione della nuova Giulia, dalla giunta Polverini alle prese con un bilancio regionale da risanare è arrivata la mannaia: appena 50mila euro il budget per il 2011.

Le cose vanno bene intorno allo stabilimento di Termoli, in Molise, dove si producono motori fire e cambi. A Termoli, dal 1994 si lavora su 17 turni (dunque anche al sabato), dunque le strade per l'accesso degli operai e per il trasporto dei prodotti sono essenziali. La fabbrica è a fianco della A14 Bologna-Taranto: una buona autostrada, molto diversa dalle strade interne tenute non benissimo, ghiaccio e neve di inverno. Il vero problema è costituita dall'assenza di un qualunque meccanismo logistico complesso: la rete ferroviaria e il porto nulla c'entrano con le attività industriali complesse e dunque non possono servire allo smistamento dei motori e dei cambi realizzati a Termoli.

Diversa la situazione di Melfi. La strada statale 658, che collega Melfi a Potenza, è chiamata "la strada della morte", per l'elevato numero di incidenti. Bisarche e operai, per il trasporto su gomma. La strada statale 655, che collega il Materano con il nord della Basilicata, è incompiuta: si inserisce in una provinciale. Il trasporto su rotaia è ancora più problematico: la ferrovia fra Potenza e Foggia non è elettrificata e i treni viaggiano a diesel.

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