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Economia Lavoro

Un poker d'assi per il Ceo del 2011

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2011 alle ore 09:50.

Interpretare le aspettative degli azionisti, mettere in pratica le direttive del piano industriale e mantenere un filo diretto con i dipendenti. Il tutto in tempi rapidi, con un approccio tattico, vista l'incertezza che regna ancora sovrana sui mercati internazionali. Sfide che un buon Ceo deve saper fronteggiare, a detta delle maggiori società di head hunting interpellate dal Sole 24 Ore, per riuscire a traghettare la propria azienda fuori dal vortice della crisi e cogliere nuove opportunità di crescita.

Heidrick & Struggles ha addirittura messo a punto un decalogo (si veda lo schema a lato), con le sfide 2011 per i nuovi Ceo, sulla base delle indicazioni di un panel di 50 amministratori delegati in tutto il mondo di grandi aziende industriali, finanziarie e dei servizi. «Dalle risposte - commenta Maurizio Panetti, a.d. della unit italiana di Heidrick & Struggles - emerge con forza la necessità di passare dal business case tradizionale a quello sociale, che porta il Ceo a confrontarsi sempre di più con il contesto e le problematiche ambientali e sociali su cui l'attività aziendale potrebbe impattare».

Per molti, poi, urge l'esigenza di risolvere problemi di "corporate image". «La crisi - commenta Panetti - ha lasciato un timbro di instabilità e sfiducia, in primis per le aziende della finanza, e riuscire a ricostruire l'immagine è una sfida molto rilevante». È fondamentale anche sviluppare una solida alleanza con il proprio consiglio di amministrazione. Principio che trova consenso anche da parte di un'altra grande società di cacciatori di teste: «Il Ceo - osserva Carlo Corsi, amministratore delegato di Spencer Stuart - deve essere consapevole dell'importanza di lavorare in piena collaborazione con il board, avendo chiaro che il contributo complessivo è strategico per la messa a punto del piano industriale». Secondo Corsi, un valido amministratore delegato deve avere chiare le esigenze e gli obiettivi degli azionisti e verificare che siano in linea con quelli degli stakeholders, «in un contesto mutevole che impone di rivalutare costantemente il quadro di riferimento».

E l'approccio vincente privilegia la tattica rispetto alla strategia. «Il capo-azienda - sottolinea Paolo Pellini, presidente di Stanton Chase - deve saper decidere e operare sul breve periodo, dimostrando reattività, velocità e una grande capacità decisionale». Non basta poi la semplice conoscenza dei mercati internazionali. «Il Ceo - spiega Pellini - deve essere in grado di agire a livello globale e dimostrare grande attenzione verso l'innovazione, che va incentivata a tutti i livelli».

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Tags Correlati: Carlo Corsi | Exs Italia | Heidrick & Struggles | Luca Temellini | Management | Maurizio Panetti | Paolo Pellini | Spencer

 

Per centrare questi obiettivi mai trascurare il gioco di squadra. «È importante non inciampare facendo tutto da soli - afferma Luca Temellini, amministratore delegato di Exs Italia -: il Ceo deve essere un abile facilitatore di processi, agevolare il dialogo tra le varie strutture aziendali, delegando quando opportuno e non frapponendosi come ostacolo».

Il cambiamento, infatti, va visto anche con gli occhi dei propri dipendenti. «L'attenzione alle condizioni di lavoro e al work life balance - riprende Panetti di Heidrick & Struggles - è decisivo per costruire una squadra di talenti che si identificano nei valori dell'azienda e la supportano nei processi di cambiamento». Più difficile da realizzare nelle grandi aziende, nelle quali il Ceo «è chiamato a guidare le diversità e a gestire un team geograficamente decentrato, mentre nelle Pmi è più facile creare team coesi, orientati allo stesso obiettivo». Il senso di appartenenza per tutti si alimenta attraverso «la propria condotta - conclude Corsi di Spencer Stuart - che deve essere un esempio di lealtà e onestà per tutti i collaboratori».
francesca.barbieri@ilsole24ore.com

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