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Economia Gli economisti

Il gioco delle tre carte della competitività dell’Europa

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2011 alle ore 14:28.


BRUXELLES – L’ultimo vertice UE ha dato agli osservatori esperti dell’economia europea la sensazione di un dejà vu. Poco più di dieci anni fa’, i leader europei avevano annunciato con clamore l’Agenda di Lisbona, un programma politico finalizzato a fare dell’Europa l’economia più competitiva e con la miglior base di conoscenze a livello mondiale. Il nuovo Patto per la Competitività, proposto da Francia e da Germania durante il vertice, non è stato presentato con le stesse pretese di grandezza, bensì come un passo necessario per la sopravvivenza dell’euro.

Ad eccezione di ciò che sembra essere uno sforzo celato finalizzato a costringere i paesi UE ad aumentare le imposte sul reddito delle società ai livelli di Francia e Germania, il Patto per la Competitività sembra più che ragionevole. L’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, l’abolizione dell’indicizzazione degli stipendi e l’obbligo imposto ai paesi di incorporare un freno al debito nella propria costituzione rappresentano misure assennate finalizzate all’aumento della competitività ed al ripristino della fiducia nell’euro.

Tuttavia, i leader governativi sembrano purtroppo non aver imparato niente dalle lezioni fallite dell’Agenda di Lisbona. Il piano attuale sembra infatti già destinato a fallire essenzialmente per due motivi.

Innanzitutto, un’agenda politica credibile ha bisogno di target precisi con scadenze chiare. Ma, sebbene la posizione di leadership li ponga faccia a faccia con il Patto per la Competitività, i francesi hanno già preso le distanze dall’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni. Secondo Bloomberg, un funzionario francese avrebbe detto ai giornalisti durante il vertice che dopo l’aumento dell’anno scorso dell’età pensionabile da 60 a 62 anni il discorso era chiuso. Viste poi le consistenti proteste di allora da parte dell’opinione pubblica, tale dichiarazione sembra essere altamente credibile.

Molto probabilmente, nella tradizione tipicamente europea di essere guidati dal consenso, le scadenze, così come i target concreti, verranno messi da parte a favore di un impegno aperto e molto più ambiguo per una nuova riforma del sistema pensionistico. Verranno poi fatte eccezioni simili per i paesi che non sono in grado di conciliare le misure del nuovo patto con il loro contesto nazionale. Il Belgio, ad esempio, continua ad insistere con il suo sistema automatico di indicizzazione degli stipendi. Dopo che tutti i paesi avranno ricevuto l’opzione di adesione, e che i target del Patto per la Competitività saranno stati attenuati sufficientemente per assicurarne il passaggio, rimarrà molta poca sostanza.

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Tags Correlati: Ann Mettler | Belgio | Francia | Germania | Lisbona | Marzia Pecorari | Previdenza complementare | Stati Membri

 

In secondo luogo, i target non devono essere solo specifici, bensì anche vincolanti. Le sanzioni per la non conformità ai requisiti devono necessariamente essere applicate, senza alcuna ingerenza politica. Una delle lezioni più importanti dell’Agenda di Lisbona è che il cosiddetto "Open Method of Coordination, una procedura innocua di peer-review senza alcuna ripercussione per eventuali inadempienze, si è rivelato un approccio sbagliato per rilanciare le riforme a livello nazionale.

Ma anche nei casi in cui la Commissione Europea ha avuto a disposizione gli strumenti legislativi ed il mandato politico per imporre le sanzioni, ad esempio quelle previste dal Patto di Stabilità e Crescita per le inadempienze, gli stati membri sono sempre riusciti ad evitare qualsiasi sanzione riformando i requisiti. La Germania e la Francia sono stati, ovviamente, i promotori dei tentativi di rendere il patto più flessibile nel momento in cui si sono trovati a non riuscire a rispettare il tetto del 3% del deficit fiscale.

Sono questi episodi del passato che rendono sospettosi i tentativi odierni di escludere la Commissione Europea dall’implementazione del Patto per la Competitività. Ideato principalmente come un programma politico intergovernativo, il patto non può funzionare in quanto non ci si può fidare del fatto che gli stati membri UE monitorino le loro prestazioni ed applichino le sanzioni sui loro omologhi o su sé stessi.

Un sistema simile equivarrebbe a lasciare che i prigionieri controllino le prigioni. Infatti, la mancata menzione nel Patto per la Competitività persino della strategia Europa 2020, che i leader europei hanno approvato meno di un anno fa’ come piano per lo sviluppo economico, dà ancora più l’impressione di una pianificazione politica non coordinata, ad hoc e totalmente inaffidabile, molto teatrale ma poco praticabile.

La mancanza di consenso sulle fondamenta della struttura economica, che si tratti di un’età pensionabile commisurata alle prospettive demografiche europee oppure dell’impegno legislativo per imporre una disciplina sul budget, induce a chiedersi come i paesi dell’eurozona siano riusciti a creare un’unione monetaria. Si tratta di una domanda legata al passato ovviamente, ma che dimostra in modo evidente che la convergenza bloccata dell’eurozona non potrà far altro che minare ulteriormente la fiducia nella valuta unica, tanto più in un contesto alquanto difficile.

Proprio quando il mercato finanziario sembra essersi calmato, i leader europei hanno nuovamente alzato le aspettative nei confronti di un’importante mossa politica solo per veder poi dissolvere un altro vertice in una serie di discussioni. E’ difficile immaginare come le differenze tra le varie politiche europee possano essere superate entro la il prossimo vertice di marzo, deciso dagli stessi leader.

Una cosa è certa: ci vorrà molto di più di un’Agenda di Lisbona riciclata con target facili da raggiungere ed una politica di implementazione inefficace, per ripristinare la fiducia nell’euro e tutelare l’unione monetaria.

Ann Mettler è direttore esecutivo del Consiglio di Lisbona, think tank con sede a Bruxelles.

Copyright: Project Syndicate, 2011.www.project-syndicate.orgTraduzione di Marzia Pecorari

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