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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2011 alle ore 06:40.
MILANO
Il 2010 non ha regalato al commercio la ripresa tanto attesa. Le vendite al dettaglio l'anno scorso hanno messo a segno un magro incremento dell'indice del valore dello 0,2% rispetto al 2009, secondo le ultime rilevazioni dell'Istat che sottolinea come l'andamento stagnante, segue due anni, il 2008 e il 2009, terminati in ribasso. Sul dato del 2010 pesano i cali degli alimentari (-0,3%) e delle imprese che operano su piccole superfici (-0,4%). Mentre risultano in crescita i prodotti non alimentari (+0,3%) – trainati da foto-ottica (+2,2%) ed elettrodomestici, tv, radio e registratori (+1,9%), mentre il calo maggiore spetta a informatica e tlc (-1,1%) – e le vendite nella grande distribuzione (+0,7%), soprattutto nei discount (+1,3%; gli ipermercati perdono lo 0,3%).
Cambiano le priorità
«Ci troviamo in un contesto di consumi molto piatto – commenta Luca Pellegrini, professore ordinario di marketing alla Iulm di Milano –. La forte pressione promozionale che sta praticando la grande distribuzione deflazionando i prezzi, incide sul calo delle vendite degli alimentari. Inoltre non bisogna dimenticare che le tensioni economiche hanno portato una certa sobrietà nei consumi, una maggiore attenzione alla qualità più che alla quantità senza sprechi e tutto questo si è trasformato in una sorta di obbligo morale in tempo di crisi. Quanto al non-alimentare, l'innovazione che caratterizza settori come l'elettronica, spinge i consumi legati, in alcuni casi, a oggetti del desiderio, come l'ultima versione di un telefonino o di un televisore». Insomma, gli italiani non rinunciano all'ultima novità tecnologica a costo di qualche sacrificio su altre voci di spesa «soprattutto se si tratta di acquisti per migliorare la qualità di vita della famiglia più che per se stessi» aggiunge Paolo Legrenzi, professore di psicologia economica alla Ca' Foscari di Venezia. È una questione di priorità. «Stiamo assistendo – afferma Roberto Ravazzoni, professore ordinario di economia e gestione delle imprese all'Università di Modena e Reggio Emilia e Cermes-Bocconi – a una profonda revisione della gerarchia dei bisogni. Con budget e potere d'acquisto limitati si mettono in concorrenza beni e servizi che non hanno alcun legame tranne il fatto di rientrare nello stesso budget. Il consumatore non vuole rinunciare ad alcunché, ma è ancora in difficoltà, perciò risparmia su alcune voci di spesa, anche su quelle che tradizionalmente sono considerate imprescindibili come l'alimentare, per poter acquistare ciò che lo gratifica maggiormente. Questo atteggiamento è tipico delle società opulente».