Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 08:15.
MILANO
L'export, diretto e indiretto, salva il commercio italiano dei metalli non ferrosi. La meccanica italiana traina la domanda interna e l'automotive tedesco spinge la domanda estera. «I consumi oggi sono molto vivaci – osserva Mario Bertoli, presidente di Assomet, l'Associazione nazionale degli imprenditori della metallurgia non ferrosa – nonostante sul mercato domestico continui la stasi dell'edilizia». E in base alle previsioni di Assomet (che tratta soprattutto alluminio, rame, piombo e zinco) il 2011 dovrebbe chiudersi meglio dell'anno prima.
«In questo momento – commenta Bertoli – è l'industria la protagonista: tirano la metallurgia e la meccanica di qualità italiana, impegnata nel'export sui mercati internazionali e, in particolare, in Asia. Tira anche l'automotive, ma riferita ai costruttori tedeschi che in Italia hanno un pezzo importante dei componentisti: l'export di Bmw, Volkswagen e Mercedes attraversa una fase di grande sviluppo e questo ha ricadute positive anche per i fornitori italiani».
E in Italia?
L'edilizia è in profonda crisi e non si vede l'uscita dal tunnel. Continua invece ad andare bene la ristrutturazione edilizia collegata al bonus del 55%. Ed è un volano anche il solare: i pannelli hanno strutture in acciaio o in alluminio.
Quindi è l'export che tiene in piedi tutto?
Sì e proprio così, ma servirebbe anche una domanda nazionale adeguata: troppo pericoloso affidarsi unicamente alle esportazioni. Eppoi, nel nostro settore, ci sono fattori produttivi sfavorevoli, connessi al sistema paese, che ci penalizzano.
L'energia?
Certo: siamo un settore energivoro e pagare l'elettricità il 30% in più rispetto ai tedeschi è troppo. Un esempio? Gli sconti sulla bolletta elettrica per lo stabilimento sardo di alluminio dell'Alcoa autorizzati da Bruxelles. Questo spiega il perchè la nostra ripresa è sempre più ridotta rispetto a quella tedesca.
I prezzi roventi dei metalli rischiano di spezzare questa ripresa fragile?
Dobbiamo conviverci: 5 anni fa il rame quotava poco di più di 2.500 dollari per tonnellata dell'alluminio, oggi quest'ultimo è schizzato a 10mila dollari. Anche il piombo, che quotava la metà dell'alluminio, oggi si è allineato.
Di chi la colpa?
Dell'eccessiva finanziarizzazione e dalla forte domanda cinese. Ma a complicare ancora di più le cose è la mancanza di una politica industriale europea come emerge nel caso del rottame: paesi come Russia e Cina riescono, grazie a dazi e incentivi, a gestire in modo efficiente il problema. L'Europa brilla per la sua assenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA