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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 15:13.
Quella di Tunisi è stata la "Rivoluzione di Wikileaks", quella egiziana la "Rivoluzione Facebook". Wikileaks ha permesso ai tunisini di conoscere il contenuto di un dispaccio in cui l'ambasciatore statunitense rivelava l'incredibile livello di corruzione del dittatore e della sua famiglia. In Egitto sono stati i giovani, stanchi di Hosni Mubarak e del suo regime, ad incontrarsi ed organizzarsi attraverso internet. Facebook e Twitter hanno reso finalmente possibile il coinvolgimento del popolo e il suo riversarsi per le strade. Il resto è storia. In realtà non è andata proprio così. Questa non è stata né è storia. Una tale incompleta visione dei recenti eventi non ci aiuta a capire la marea araba né il suo futuro andamento.
Non c'è dubbio che le reti sociali, e in particolar modo Facebook e i messaggi scambiati attraverso Twitter, o le notizie filtrate attraverso Wikileaks, hanno qualcosa a che fare con le insurrezioni popolari nel mondo arabo. Qualcosa. Ma voler spiegare quanto accaduto in Tunisia, Egitto o Libia principalmente in termini dell'impatto che le tecnologie informatiche hanno avuto in questi paesi rappresenta un'esagerazione. Questa visione non ci spiega ad esempio il perché la Libia, un paese con una bassissima diffusione di internet (circa 350.000 utenti su una popolazione di più di sei milioni), o lo Yemen, con percentuali di utilizzo ancora più ridotte, siano stati i paesi più scossi dalle rivolte popolari. Una delle sorprese delle proteste di piazza in Egitto è stata la loro diversità sociale, religiosa, generazionale e regionale. E nonostante in Egitto vi siano in proporzione più utenti internet che nel resto della regione, si può supporre che una notevole percentuale di coloro che hanno partecipato alle proteste non ha un profilo su Facebook né utilizza Twitter per comunicare; e con molta probabilità neppure utilizza internet abitualmente.
E' evidente che, una volta emerso un gruppo di leader che si organizza grazie a internet e che riesce a mobilitare un alto numero di sostenitori, a questi si uniscono molti altri, informati attraverso canali diversi da internet, che condividono le stesse esigenze e desideri di cambiamento. Il concetto chiave è il fatto "che condividono le stesse esigenze e desideri di cambiamento". La motivazione per riversarsi nelle strade risiede in questa frustrazione generalizzata, prodotto di decenni di cattive politiche economiche, combinate con frequente corruzione, disuguaglianza crescente e disillusione diffusa. E vedere in televisione che in altri paesi queste azioni portano a un risultato e che il popolo uscito per strada riesce ad abbattere un tiranno che fino a poco tempo prima sembrava intoccabile diventa una potente fonte di mobilitazione. Da questo punto di vista, i canali di notizie in lingua araba diffusi via satellite hanno giocato un ruolo molto più importante dello stesso internet.