Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2012 alle ore 08:17.

My24


MILANO
Poche parole di un telegramma, per comunicare che «la Fiat non intende avvalersi delle prestazioni lavorative» dei tre operai dello stabilimento di Melfi reintegrati in base alla sentenza di due giorni fa della corte d'appello di Potenza, che ha accolto il ricorso della Fiom. La volontà dell'azienda, espressa ieri a mezzo posta, è che i tre operai Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli restino fuori dai cancelli della fabbrica. Una volontà che però, sottolinea la Fiom, va contro le decisioni del tribunale. «Siamo decisi anche a denunciare penalmente l'azienda se non rispetterà la sentenza del giudice» ha spiegato ieri Lina Grosso, uno dei legali Fiom che si è occupata della vicenda.
Il licenziamento dei tre lavoratori (due sono delegati sindacali della Fiom) è avvenuta nell'estate del 2010, con l'accusa di avere bloccato un carrello durante uno sciopero interno, interrompendo la produzione. Un mese dopo la decisione dell'azienda, il giudice del lavoro ha ordinato il reintegro, ritenendo antisindacale il comportamento dell'azienda. Immediato il ricorso della Fiat, accolto il 14 luglio 2011, con il conseguente licenziamento dei tre operai. Due giorni fa la sentenza in appello e il nuovo reintegro. «Il verdetto – aveva detto giovedì il legale della Fiom Franco Focareta – conferma l'antisindacalità del comportamento Fiat». Ora il nuovo capovolgimento.
Un telegramma simile, con il quale Fiat comunicava l'intenzione di non avvalersi delle prestazioni lavorative dei tre operai (secondo le prime indiscrezioni, l'azienda è corrisponderà regolarmente stipendi e indennità, considerando i tre come dipendenti a tutti gli effetti), era stato per la verità già inviato il 21 agosto di due anni fa, dopo il primo reintegro dei tre. In quell'occasione, al rientro in fabbrica, a Barozzino, Lamorte e Pignatelli fu consentito di superare i tornelli dello stabilimento di Melfi, ma non di andare sulle linee di produzione. Ai tre lavoratori fu assegnata una stanza per svolgere attività sindacale (Barozzino e Lamorte erano rappresentanti sindacali, mentre Pignatelli è iscritto alla Fiom). I tre si opposero e uscirono dallo stabilimento: in attesa della sentenza d'appello non sono più rientrati.
Ora, però, la firma del nuovo contratto Fiat che di fatto esclude Fiom dalla rappresentanza sindacale, apre un nuovo scenario. Ai tre, sostiene l'avvocato Grosso, dovrebbe essere permesso nuovamente di esercitare l'attività sindacale, «e quindi oggi si apre un nuovo scenario di diritto»: i legali della Fiom hanno agito contro l'azienda prima di tutto per «repressione della condotta antisindacale». Secondo il sindacato, la Fiat due anni fa ha licenziato i tre operai mentre esercitavano il loro diritto di sciopero, e quindi con la sentenza di due giorni fa Barozzino, Lamorte e Pignatelli dovrebbero essere messi in condizione di fare attività sindacale. La corte d'Appello, in sintesi, non ha disposto l'immediato reintegro, ma con la sentenza ha confermato la decisione emessa dal primo giudice, nell'agosto del 2010 e quindi la cessazione della condotta antisindacale. Ne consegue «per logica», ha evidenziato Grosso, che «ai tre operai dovrebbe essere concesso di tornare sul posto di lavoro, solo così potrebbero tornare a fare i sindacalisti nello stabilimento». La Fiom però non ha firmato il contratto nazionale, e quindi non ha diritto ad avere una rappresentanza sindacale negli stabilimenti del gruppo. Quindi non sarebbe possibile la riproposizione di quanto accaduto nel 2010.
Lo scontro prosegue. «Faremo di tutto per riportare al lavoro i tre operai dello stabilimento di Melfi, anche appellandoci direttamente al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano», ha detto il segretario lucano della Fiom, Emanuele De Nicola.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
LE TAPPE
La vicenda
Nell'estate del 2010 la Fiat licenzia Barozzino, Lamorte e Pignatelli dello stabilimento di Melfi con l'accusa di avere interrotto la produzione durante uno sciopero
La reazione
Un mese dopo il giudice del lavoro ordina il reintegro dei tre, ritenendo antisindacale il comportamento dell'azienda
Il ricorso
Il ricorso della Fiat viene accolto il 14 luglio del 2011 con conseguente licenziamento dei tre operai. La Fiom ricorre in appello
La sentenza
Due giorni fa la sentenza della Corte d'appello: i tre lavoratori devono essere reintegrati, ma Fiat comunica che non intende avvalersi del loro lavoro