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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2012 alle ore 08:18.

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Il Tar di Lecce dà ragione all'Ilva di Taranto. E il gruppo Riva incassa una sentenza a favore e una sospensiva di alcuni aspetti dell'Aia dopo i ricorsi sugli interventi di bonifica per il polo siderurgico di Taranto. Secondo gli interventi di bonifica e risanamento ambientale ordinati dal ministero dell'Ambiente, in conferenza di servizi con la Regione Puglia, la provincia e il comune di Taranto, Ilva avrebbe dovuto recintare il proprio stabilimento che si estende su oltre 15 milioni di metri quadrati, con barriere sotterranee profonde fino a 60, 70 metri, fino ad incontrare l'acqua di falda.
Tutto questo dopo che il ministero dell'Ambiente aveva concordato con l'Ilva un piano di caratterizzazione del proprio sito produttivo su cui sono stati eseguiti oltre 6mila campionamenti e che questi campionamenti non avevano evidenziato particolari emergenze relative alla matrice terreno. Al contrario le analisi delle acque di falda dell'intera zona di Taranto hanno evidenziato criticità importanti. Ministero e Regione hanno puntato il dito contro l'Ilva come se fosse responsabile dell'inquinamento delle acque di falda. Ma l'Ilva è dotata di un sistema di trattamento delle acque reflue e, assistita dall'avvocato di Milano Francesco Perli, ha fatto ricorso al Tar, che con la sentenza Tar Puglia-Lecce n.329 ha accolto il ricorso e le successive impugnazioni, annullando sostanzialmente i provvedimenti emanati dal 2007 a oggi dal ministero dell'Ambiente e dalle amministraizoni regionali e locali verso l'Ilva. Per due ragioni. Innanzitutto perché non sono basati su una effettiva e concreta attività istruttoria che abbia identificato il contributo inquinante dei diversi settori, e poi perché hanno attribuito ad Ilva l'intero carico inquinante del sito di Taranto.
Il Tar di Lecce ha accolto anche un altro ricorso dell'Ilva, sospendendo l'efficacia di alcuni aspetti dell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) concessa allo stabilimento siderurgico di Taranto a metà 2011. Il disco rosso del Tar riguarda tre aspetti dell'Aia: sistemi di abbattimento di macro e micro inquinanti; piano di monitoraggio e controllo delle emissioni; revisione della rete di smaltimento delle acque reflue. Il giudizio di merito è fissato per il 6 giugno. «Non stiamo contestando tutto l'impianto dell'Aia – dice Perli - ma solo quello che palesemente non ci convince e ci danneggia». Da rilevare, però, che mentre l'Ilva ottiene un provvedimento favorevole dal Tar di Lecce, la stessa Aia firmata dall'ex ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, è in procinto di essere rivista. Dopo le due perizie consegnate al gip di Taranto, Patrizia Todisco, nell'ambito del procedimento giudiziario che vede fra gli altri accusati Emilio e Nicola Riva, rispettivamente ex presidente e attuale presidente dell'Ilva di disastro ambientale, le istituzioni locali hanno infatti chiesto al ministro Corrado Clini di riesaminare l'Aia all'Ilva rendendola più severa. Clini ha manifestato disponibilità e il 14 marzo terrà un primo incontro a Bari. Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola esprime «soddisfazione per la tempestività con la quale il ministero dell'Ambiente ha accolto le nostre richieste».

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