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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 11:56.

Se questa analisi è corretta, bisognerà attuare una nuova strategia di ribilanciamento globale in qualche altra area che non sia quella dei ricchi Paesi Ocse. L’implementazione dei nuovi modelli di crescita nel mondo in via di sviluppo – in alcune parti dell’Asia meridionale, dell’America Latina e dell’Africa che hanno adottato strategie incentrate sull’export – può almeno fornire parte della domanda mancante di cui necessita urgentemente l’economia mondiale.

Il successo di questo scenario dipende dalla combinazione di tre dinamiche. La prima: gli scambi commerciali tra mercati emergenti e Paesi in via di sviluppo deve accelerare, costruendo in tal modo lo stesso tipo di relazione consumatore-fornitore che esiste tra mercati emergenti e Paesi avanzati. La seconda: i mercati domestici nei Paesi più poveri del mondo devono essere sviluppati allo scopo di favorire una maggiore crescita interna. La terza: i flussi finanziari verso i Paesi in via di sviluppo – sia l’assistenza ufficiale allo sviluppo che gli investimenti diretti esteri – devono incrementare, e devono pervenire non solo dalle economie industrializzate, ma anche dai Paesi emergenti ed esportatori di petrolio.

Riciclare i surplus globali mediante i bottom billions, ossia quei miliardi di individui poveri del nostro pianeta, presuppone una revisione completa dei modelli economici standard, tale per cui il miracolo economico asiatico possa essere replicato. Dopo tutto, anche se il mondo raggiungerà una significativa crescita economica da qui al 2050, due dei novi miliardi di persone al mondo vivranno ancora con meno di due dollari al giorno, e un altro miliardo di individui avranno solo qualche risorsa in più.

Tanto per le economie ricche che per quelle emergenti, i poveri del mondo non dovrebbero essere considerati un peso. Nell’attuale crisi economica globale, sono la miglior exit strategy che abbiamo.

Jean-Michel Severino è direttore del centro di ricerca Fondation pour les Études et Recherches sur le Déveleppmont International (FERDI), e responsabile di Investisseur et Partenaire. Olivier Ray è economista presso il ministero francese degli Affari Esteri. Sono co-autori di Africa’s Moment.

Copyright: Project Syndicate, 2012.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona Polverino

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