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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2012 alle ore 17:45.

Ora sono i francesi a vacillare. Dal momento che i capitali hanno abbandonato il Paese tra luglio 2011 e gennaio 2012, il debito Target della Francia è incrementato di 95 miliardi di euro. Anche la Francia ha perso competitività, a causa del credito a basso costo concesso nei primi anni dell’euro. Secondo un recente studio di Goldman Sachs, il livello dei prezzi del Paese deve scendere del 20% rispetto alla media dell’euro – e quindi deve svalutarsi in termini reali – se l’economia intende riguadagnare competitività all’interno dell’Eurozona.

L’Italia dovrà attuare una svalutazione interna del 10-15% e la Spagna del 20%. Mentre Grecia e Portogallo devono fronteggiare la necessità di deflazione rispettivamente al 30% e al 35%, i dati per Spagna e Italia sono abbastanza elevati da giustificare i timori sul futuro sviluppo dell’Eurozona. Questi squilibri possono essere corretti solo con grande impegno, ma a patto che si accetti un decennio di stagnazione. Per Grecia e Portogallo sarà un’impresa ardua restare nell’Eurozona.

In molti risolverebbero il problema instradando sempre più credito a basso costo attraverso canali pubblici – fondi di salvataggio, eurobond o Bce – dai Paesi in salute dell’Eurozona al Sud Europa in difficoltà. Ma ciò spingerebbe ingiustamente i risparmiatori e i contribuenti dei Paesi in salute a fornire capitale al Sud Europa a condizioni che non condividerebbero volontariamente.

I risparmi tedeschi, olandesi e finlandesi, rispettivamente pari a 15.000, 17.000 e 21.000 euro per lavoratore, sono già stati convertiti da investimenti negoziabili in puri fondi perequativi contro la Bce. Nessuno sa quanto varrebbero questi fondi in caso di tracollo dell’Eurozona.

Infine, la fornitura pubblica e permanente di credito a basso costo porterebbe a una prolungata infermità, se non addirittura a un collasso economico dell’Europa, dal momento che l’Eurozona diverrebbe un sistema di gestione centrale con un controllo statale sugli investimenti. Questi sistemi non possono funzionare, perché eliminano il mercato dei capitali come principale meccanismo di comando del sistema economico. Non si può fare a meno di domandarsi con quanta sconsideratezza i politici europei abbiano imboccato questa strada così scivolosa.

Traduzione di Simona Polverino

Hans-Werner Sinn è professore di economia e finanza pubblica presso l’Università di Monaco, e presidente dell’istituto tedesco Ifo.

Copyright: Project Syndicate, 2012.www.project-syndicate.org

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