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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2012 alle ore 16:32.

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ATENE – La rinnovata turbolenza sul mercato dei bond nell’Eurozona sottolinea la necessità di riesaminare le politiche ora messe in atto per superare la crisi del debito sovrano in Europa. In effetti, i risultati delle recenti elezioni svoltesi in Francia e in Grecia, che riflettono il diffuso malcontento per l’austerità, non lasciano alle autorità europee molta scelta.

L’Unione europea, la Banca centrale europea e i finanziatori del settore privato hanno speso oltre 1000 miliardi di euro negli ultimi due anni, ma l’Eurozona non mostra segni di miglioramento rispetto all’autunno del 2009, quando emerse la reale entità dei problemi fiscali greci. Nel frattempo, la recessione dell’Eurozona si sta facendo sempre più profonda e la disoccupazione è in continua crescita.
Inoltre, lo scetticismo sulla risolutezza e/o sulla competenza delle autorità dell’Eurozona e dei Paesi leader per garantire la vitalità della moneta sta aumentando il rischio sistemico. La Banca europea per gli investimenti, ad esempio, ha inserito ora una Clausola Dracma nei suoi accordi di prestito con le aziende greche.

Lo stesso messaggio arriva dai timori recentemente espressi dalla Bundesbank con riferimento all’accumulo di crediti Target 2. In caso di tracollo dell’Eurozona, tali crediti causerebbe perdite a carico dell’Eurosistema e delle banche centrali degli Stati membri. Molte banche centrali europee hanno ridotto le proprie riserve in euro, tentando di diversificare in valute non tradizionali.
Cosa abbia causato la crisi del debito e come risolverla resta ancora un’incognita. Quel che è chiaro è che un fattore determinante sia riconducibile alla persistenza degli ampi squilibri all’interno dell’Eurozona – i deficit di parte corrente negli Stati periferici, controbilanciati dai surplus dei Paesi più forti – soprattutto a causa delle differenze in produttività e competitività. I risparmi in eccesso sono stati trasferiti dai Paesi più forti a quelli periferici, creando le condizioni per un’intensa attività creditizia e di indebitamento.

La crescita del debito ha svelato le debolezze profonde insite nella costituzione economica dell’Eurozona: i debiti nazionali fanno capo ai singoli Stati membri, ma la moneta comune è senza sovrano. Diversamente dalla maggior parte delle banche centrali, la Bce non può agire come prestatore di ultima istanza, il che aggiunto all’assenza di bond comuni (eurobond) ha indotto una speculazione su vasta scala sui debiti nazionali intra-europei.
Per risolvere la crisi bisogna inevitabilmente agire su entrambi i fronti. Le cause dei persistenti squilibri dovrebbero essere affrontate con un’azione combinata sia in termini di consolidamento fiscale che di rafforzamento della competitività, con riforme strutturali incentrate sulla liberalizzazione dei mercati e su una maggiore flessibilità salariale.

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