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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2012 alle ore 12:32.

2. Concordare uno schema di condivisione dei rischi da parte delle banche spagnole. L’elargizione di ulteriori prestiti al governo spagnolo per aiutare la ricapitalizzazione delle banche crea un peso aggiuntivo sul debito e spaventa i mercati che temono nuove ristrutturazioni del debito. Utilizzare i soldi dei contribuenti dei paesi partner per salvare le banche spagnole non è giustificabile da un punto di vista economico e neppure accettabile da un punto di vista politico. Per contro, la Spagna dovrebbe affrontare le prime perdite, mentre il fondo di salvataggio finanziario dell’eurozona, il Meccanismo di Stabilità europea, dovrebbe sostenere un grado crescente di rischio oltre una certa soglia (ad esempio, 5-10% del PIL).

3. Definire uno schema per un’unione bancaria. Un’unione bancaria, composta da un’assicurazione dei depositi, una supervisione ed una risoluzione della crisi comune, aiuterebbe ad evitare la contaminazione reciproca delle banche e dei debiti sovrani, motivo per cui quest’idea è stata largamente appoggiata al recente vertice G-20 in Messico. Ma è un impegno ambizioso che non può essere lanciato da un giorno all’altro. Se i leader europei vogliono dimostrare di essere seriamente interessati a prenderlo in considerazione, dovrebbero concordare di portare avanti una serie di discussioni sui parametri chiave e dare un mandato ai loro ministri con l’obiettivo di produrre dei risultati entro l’autunno.

4. Esplorare le opzioni legate agli Eurobond. L’aiuto finanziario può, presumibilmente, aiutare la Spagna, ma non l’Italia. Se la situazione italiana dovesse peggiorare, l’unica alternativa al default su larga scala sarebbe essenzialmente una qualsiasi forma di mutualizzazione del debito. Ma se da un lato la Commissione europea ha appoggiato degli schemi per una mutualizzazione parziale del debito, dall’altra non c’è mai stata una discussione seria sulle condizioni di tale mutualizzazione e sulle sue eventuali implicazioni. I leader europei non possono decidere niente in questa fase, e dovrebbero invece incaricare un gruppo di uomini saggi (e donne) di valutare eventuali opzioni praticabili e fare un resoconto entro la fine dell’estate.

5. Creare le condizioni per l’aggiustamento macroeconomico. L’Europa del sud deve necessariamente avviare un processo di deflazione per ripristinare la sua competitività rispetto al nord Europa. Tuttavia, oltre ad essere un procedimento terribilmente doloroso, la deflazione interna tende a minacciare la sostenibilità del debito pubblico e privato. Con un reddito nominale più basso e lo stesso livello di debito, il rischio di default aumenta necessariamente. L’Europa del nord dovrebbe accettare temporaneamente un tasso di inflazione leggermente più alto, a condizione che la stabilità dei prezzi venga mantenuta in tutta l’eurozona. Fortunatamente i policy maker tedeschi hanno dato segno di comprendere questa logica ed i leader devono ora creare un consenso più ampio.

Ancor più importante, i leader dovrebbero riuscire a rompere l’impasse politico. La Germania non vuole una maggiore solidarietà finanziaria se non accompagnata da un’integrazione politica, mentre la Francia auspica la solidarietà finanziaria senza una più stretta integrazione politica. Entrambi i paesi sono rimasti fermi sulla loro posizione per almeno un quarto di secolo.

E’ giunta l’ora di colmare il divario. La percezione secondo cui gli europei sarebbero in grado di accordarsi su dettagli tecnici assurdi, ma non sugli aspetti essenziali, è una delle ragioni principali che dimostrano che i prestigiatori dell’euro stanno perdendo il loro tocco.

Traduzione di Marzia Pecorari

Jean Pisani-Ferry è direttore di Bruegel, think tank di economia internazionale, professore di economia presso l’Université Paris-Dauphine, e membro del Consiglio di Analisi Economica del Primo Ministro francese.

Copyright: Project Syndicate, 2012.www.project-syndicate.org

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