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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2012 alle ore 13:55.
Si possono trarre due possibili conclusioni dalle elezioni americane. La prima è che gli Usa alla fine troveranno la rovina per la scarsa qualità dei discorsi democratici, e che si tratta solo dell’inizio di un inevitabile declino. I sintomi ci sono tutti, anche se la malattia non ha ancora intaccato tutto il corpo.
L’altra possibilità è che ciò che viene detto e fatto durante un’elezione non incide sulla salute della politica. Le campagne rappresentano sempre un momento di populismo povero e di deferenza nei confronti dei fondamentalisti monotematici. Forse ciò che conta davvero è cosa accadrà una volta insediatosi il nuovo candidato: la qualità dei controlli e degli equilibri entro cui opera, i consigli offerti, le decisioni prese e infine le politiche perseguite.
Ma se le elezioni americane non sono altro che intrattenimento, perché viene speso così tanto denaro a tal scopo e perché così tante persone si indignano? La risposta potrebbe essere che il risultato sarebbe peggiore se così non ciò non accadesse?
Per parafrasare Winston Churchill, le elezioni sono il modo peggiore di selezionare un leader politico, eccetto tutti gli altri metodi che sono stati provati – e da nessun’altra parte in maniera così massiccia come in America.
Traduzione di Simona Polverino
Dani Rodrik, professore di economia politica internazionale all’Università di Harvard, è autore del libro Il paradosso della globalizzazione. La democrazia e il futuro dell’economia mondiale.
Copyright: Project Syndicate, 2012.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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