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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2012 alle ore 14:03.

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BRUXELLES – Paul Krugman, economista e blogger dell’Università di Princeton, ha di recente riassunto gli ultimi trend transatlantici in questo modo: Meglio qui, peggio lì. Si tratta di un’osservazione scioccante, dato che solo nel 2009 i politici e gli osservatori avevano duramente crisitcato gli Stati Uniti per aver provocato la crisi finanziaria tessendo invece le lodi dell’euro per aver protetto il continente.

Purtroppo per i sostenitori dell’Europa, i fatti sono inequivocabili. La Commissione europea, prevede infatti che il prossimo anno il PIL pro capite degli Stati Uniti ritornerà ai livelli del 2007, mentre nell’eurozona dovrebbe rimanere per un 3% al di sotto di tale livello.
Allo stesso modo, mentre nel 2009-2010 la disoccupazione era più o meno allo stesso livello su entrambe le sponde dell’Atlantico, ora è inferiore negli Stati Uniti di quasi quattro punti percentuali. Inoltre, la spesa in conto capitale degli Stati Uniti è in una fase di ripresa molto più forte e anche le esportazioni stanno avendo un rialzo. Nel corso di quest’anno poi, anche l’inflazione dovrebbe essere inferiore in America rispetto all’Europa.

Il settore in cui l’Europa sembra ottenere risultati migliori è quello delle finanze pubbliche. In base alle previsioni, nel 2012 il deficit fiscale aggregato dovrebbe superare lievemente il 3% del PIL contro una percentuale al di sopra dell’8% negli USA.
Ci sono due spiegazioni opposte al malessere dell’Europa. In base alla prima, l’Europa starebbe pagando il prezzo di una politica di austerità mal condotta, in base alla seconda anche gli Stati Uniti si troveranno prima o poi ad affrontare i nodi dei conti fiscali mentre l’Europa ha semplicemente dovuto affrontarli prima come dimostra la crisi dell’euro: se infatti le politiche d’austerità fossero state posticipate, sarebbe stato addirittura peggio.

Entrambe le speigazioni sono vere, ma trascurano un aspetto importante della realtà dei0 fatti. Nel periodo successivo alla Grande Recessione, gli Stati Uniti e l’Europa (compreso il Regno Unito) hanno infatti adottato delle strategie opposte. L’amministrazione del Presidente Barack Obama e la Riserva Federale statunitense hanno dato priorità al risanamento del settore privato. Dopo aver rapidamente ripristinato la fiducia nelle banche obbligandole a subire degli stress test molto rigidi, hanno dato ai nuclei familiari il tempo di ripristinare i loro bilanci. Il compito della politica economica è stato quello di compensare la risultante diminuzione della domanda privata fino al ripristino del budget dei nuclei familiari. Il consolidamento fiscale è stato sospeso (anche se in parte comunque effettuato grazie alle norme sul budget bilanciato vigenti nella maggior parte degli stati degli USA), mentre la politica monetaria è stata invece indirizzata verso un’appiattimento della curva del rendimento.

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