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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2013 alle ore 13:01.

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Kenneth RogoffKenneth Rogoff

Bisogna ammettere che il problema è più grave nel settore pubblico, dove la crescita della produttività è nettamente più lenta persino di altri settori incentrati sui servizi. Mentre ciò potrebbe riflettere il particolare mix di servizi che i governi dovrebbero fornire, il problema va ben oltre.

Certo è che parte del problema è che i governi usano l’occupazione non solo per fornire servizi, ma anche per fare trasferimenti impliciti. Inoltre, le agenzie pubbliche operano in molte aree in cui devono affrontare poca competizione, e quindi poca pressione per innovarsi.

Perché non portare un maggiore coinvolgimento del settore privato, o almeno una certa concorrenza nel governo? L’istruzione, dove il potere delle moderne tecnologie dirompenti è stato percepito a malapena, sarebbe un buon punto di partenza. I sofisticati programmi informatici stanno diventando abbastanza buoni a valutare le prove della scuola media, anche se non agli standard degli insegnanti migliori.

Le infrastrutture rappresentano un altro luogo ovvio per espandere il coinvolgimento del settore privato. Una volta, ad esempio, si credeva che chi guidava su strade private avrebbe prima o poi pagato un pedaggio. I moderni transponder e i sistemi di pagamento automatico hanno ben presto risolto la questione.

Ma non bisogna presumere che uno spostamento verso una maggiore fornitura di servizi da parte del settore privato sia una panacea. Resterebbe la necessità di una regolamentazione, soprattutto dove è coinvolto il monopolio o il quasi-monopolio. E bisognerebbe altresì decidere come bilanciare efficienza ed equità nella fornitura di servizi. L’istruzione è chiaramente un’area in cui qualsiasi Paese ha un forte interesse nazionale nel fornire un terreno di gioco livellato.

Quando negli anni 80 il presidente americano, il conservatore per antonomasia Ronald Reagan, descrisse il suo approccio alla politica fiscale come un metodo per far morire di fame la bestia: tagliare le tasse alla fine indurrà le persone ad accettare meno spesa pubblica. Per certi versi il suo approccio fu un grande successo. Ma la spesa pubblica ha continuato a crescere, perché gli elettori vogliono ancora i servizi che il governo fornisce. Oggi è chiaro che tenere a freno il governo significa altresì trovare dei modi per ideare incentivi tali da consentire al governo di mantenere il passo con l’innovazione in altri settori dei servizi..

Senza altre idee su come innovarsi nella fornitura dei servizi pubblici, le battaglie come quella combattuta oggi negli Usa possono solo diventare peggiori, dal momento che si chiede sempre più agli elettori di pagare di più in cambio di meno servizi. I politici possono e devono promettere di fare un lavoro migliore, ma non possono farcela fino a quando non troveranno dei modi per incentivare l’efficienza e la produttività dei servizi pubblici.

Traduzione di Simona Polverino

Kenneth Rogoff, ex capo economista del Fmi, è professore di economia e politiche pubbliche all’Università di Harvard.

Copyright: Project Syndicate, 2012.

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