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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2013 alle ore 16:02.
Inoltre, l’anno scorso il Pakistan ha scioccato la comunità sanitaria globale adottando una modifica costituzionale che ha comportato l’abolizione del Ministero della Salute. Purtroppo, il passaggio improvviso delle responsabilità sanitarie alle province del paese si è verificato senza una preparazione o una supervisione adeguata.
Il processo parallelo di ridimensionamento del sistema amministrativo locale insieme ad una politica disgregante dei governi di coalizione nella fragile democrazia del Pakistan, continuano ad indebolire l’implementazione del programma di sradicamento della poliomelite. Le risultanti lacune nel sistema sanitario provinciale del paese si sono manifestate non solo nell’incapacità di sradicare la poliomelite, ma anche nello scoppio recente di un’epidemia di morbillo che ha ucciso più di 300 bambini.
Allo stesso tempo, le difficoltà dell’amministrazione locale stanno avendo delle conseguenze critiche sull’approvvigionamento dell’acqua potabile e di una sanità adeguata che sono fondamentali per lo sradicamento della poliomelite e per la salute pubblica più in generale. Ci sono stati anche casi di rifiuto da parte dei genitori di vaccinare i propri figli ovviamente su indicazione dei membri clericali in base alla convinzione che gli sforzi legati alla salute pubblica siano in realtà un programma di sterilizzazione. Di fatto, i rifiuti delle vaccinazioni colpiscono il 2% dei bambini. Tuttavia, una recente campagna diffamatoria mirata a screditare le vaccinazioni della poliomelite alla quale hanno aderito pubblicamente diversi parlamentari, ha complicato ulteriormente le cose.
Per quanto il contesto possa sembrare avvilente, il blocco delle vaccinazioni non è di certo un’opzione. E’ infatti dimostrato che nel caso di impedimento delle vaccinazioni il numero di casi aumenta drasticamente, come in Nigeria nel 2003 dove un ritardo di dieci mesi ha portato all’infezione di migliaia di persone all’interno del paese e in altri 20 paesi.
Un simile risultato è stato osservato nella valle di Swat in Pakistan che il colpo di stato del 2009 ha reso inaccessibile per mesi. La decisione presa questo mese di fermare le vaccinazioni a Karachi dopo le minacce agli operatori sanitari, seppur comprensibile, è comunque causa di grande preoccupazione in questo senso.
Come nel caso della Nigeria, i ritardi nelle vaccinazioni sono dannosi anche per i paesi vicini. Le popolazioni nomadi si spostano infatti liberamente in tutta l’ampia area del confine tra Afghanistan e Pakistan. Nel 2011 lo scoppio di un’epidemia di poliomelite in Cina è giunta fino al Pakistan. L’India, che non ha registrato casi di poliomelite negli ultimi due anni, è ben consapevole del fatto che questo suo risultato dipende anche dagli sforzi di sradicamento negli altri paesi.
I potenziali rischi internazionali vanno oltre i paesi confinanti. Il Pakistan è infatti già responsabile della recente comparsa del poliovirus in Egitto. Fortunatamente, non c’è prova di trasmissione del virus, ma potremmo non essere così fortunati in futuro. E infatti, il rischio che i pellegrini pakistani potrebbero portare con loro il problema durante l’Hajj del 2013, il più grande raduno di musulmani, non è solo una minaccia teorica. Nel peggiore dei casi ci sarebbe un arretramento di decenni nella lotta alla poliomelite.
L’entità della sfida, e quindi una necessaria risposta multisfaccettata, non deve essere sottostimata. Oggi la poliomelite è diventata un esempio delle problematiche complesse che tormentano lo stato e la società del Pakistan.
Il Pakistan deve aumentare i suoi sforzi nello sradicamento della poliomelite per ragioni che vanno oltre al rispetto della promessa fatta in termini di salute globale (che già di per sé è una ragione sufficiente). Un eventuale successo sarebbe un segnale della capacità del Pakistan di affrontare sfide complesse e fornirebbe un piano per nuovi interventi di sviluppo. Sradicando la poliomelite, il Pakistan non farebbe solo la sua parte nell’eliminazione della malattia a livello mondiale, ma recupererebbe il suo prestigio globale ed il potenziale per nuovi progressi in altre aree.
Traduzione di Marzia Pecorari
Sania Nishtar è fondatore e presidente del think tank/ONG Heartfile.
Copyright: Project Syndicate, 2013.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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