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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2013 alle ore 07:12.

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Un cammello, si dice, è un cavallo disegnano da una commissione. È una battuta ingenerosa verso i cammelli, che sono animali ben adattati al loro non facile habitat. Lo stesso, ahimè, non si può dire per i programmi di salvataggio dell'Eurozona. L'intervento proposto a Cipro, che ieri è stato respinto dal Parlamento di Nicosia, non aiuterà Eurolandia a uscire senza traumi dalle sue crisi a catena.

Anzi, questo pasticcio è l'esempio più eclatante di come non devono essere gestiti i problemi del settore finanziario e del debito sovrano.
Cominciamo dal perché era inevitabile una ristrutturazione del settore bancario. Il governo di Cipro è al tempo stesso fortemente indebitato e responsabile di un settore bancario indiscutibilmente troppo grande per essere salvato. Secondo il Fmi, il debito pubblico l'anno scorso ha raggiunto l'87 per cento del prodotto interno lordo, e senza il salvataggio sarebbe arrivato nel 2017 al 106 per cento. E il merito di credito del Governo dell'isola è largamente al di sotto del livello di affidabilità per gli investitori: la Standard & Poor's assegna ai titoli di Stato di Cipro il rating di CCC+. Non c'è da stupirsi, dato che il settore bancario detiene ancora attività per oltre sette volte il Pil dell'isola. Le banche sono a un passo dal tracollo. Ma è la Banca centrale europea che ha staccato la spina minacciando di non accettare i titoli di Stato ciprioti come garanzia per un supporto di liquidità. Le banche devono essere ricapitalizzate, e non può farlo il Governo da solo. In assenza di una tassazione sui depositi, il pacchetto di misure di salvataggio sarebbe ammontato a 17,2 miliardi di euro, invece di 10 miliardi, ossia quasi il 70 per cento del Pil. In questo modo il debito pubblico sarebbe arrivato al 160 per cento del Pil, un fardello insostenibile. In realtà anche il salvataggio attuale sembra insostenibile, perché porterebbe il debito, a quanto sembra, al 130 per cento del Pil. Secondo il programma, il debito pubblico cipriota dovrebbe scendere entro il 2020 al 100 per cento del Pil: per riuscirci servirà una drastica stretta sui conti pubblici e prestiti al Governo dell'isola a condizioni accessibili. Resta comunque verosimile la prospettiva di una ristrutturazione del debito. Come dice Amleto: se non sarà dopo, sarà ora.

Non c'è alternativa alla statalizzazione del credito? Sì: una ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell'Eurozona (per cui la somma necessaria è cosa da poco). Se l'unione bancaria fosse già stata pronta e funzionante, è quello che sarebbe successo. Ma non è così, presumibilmente perché i Paesi del nocciolo duro non vogliono essere costretti a intervenire in soccorso di sistemi bancari malgestiti, come quel rifugio offshore per capitali russi che è il sistema bancario cipriota. L'unione bancaria non arriverà prima che venga fatta piazza pulita degli errori passati e prima che vengano creati nuovi meccanismi.

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