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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2013 alle ore 19:14.

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Il 19 marzo la rappresentanza del Parlamento Europeo e la Presidenza irladese del Consiglio dei Ministri Economici dell'Unione hanno raggiunto un accordo per la costituzione, dal marzo del 2014, di un meccanismo di supervisione bancaria unica incentrato sulla Banca Centrale Europea (BCE). Le maggiori banche europee, in termini sia assoluti che relativi (alla dimensioni del paese di origine) saranno oggetto della supervisione della BCE. E' prevalsa così la posizione più equilibrata che ritiene polica monetaria e suppervisone bancaria complementarI (come è stato in Italia) e non in potenziale conflitto di interesse.

L'accordo dovrà ora essere ratificato dal Parlamento e dal Consiglio europei. E' una decisione importante che pone basi per la correzione delle strorture più evidenti dell'esistente Unione Monetaria.

La crisi greca, infatti, ha avuto un effetto inaccettabile per un'unione monetaria: a parità di condizioni della politica monetaria (attuallmente espansiva), stabilite dalla Banca Centrale Europea, sono corrisposte invece condizioni di finanziamento delle banche e delle imprese divergenti tra paesi. Di fatto si è inceppato il meccanismo di trasmissione della politica monetaria.

Poichè fin dagli anni '30 si è deciso che eventuali crisi bancarie non debbano colpire i riparmi delle famiglie (la principale fonte di finanziamento delle banche), è implicito che sia il governo a dovere intervenire qualora i fondi di assicurazione dei depositi non siano sufficienti. Il fallimento nell'ottobre del 2008 di Fortis e Dexia ha rivelato che le banche sono "europee in vita ma nazionali nella morte". Ma i governi nazionali non hanno spalle adeguate per sostenere il salvataggio di banche di dimensione europea. Alcuni governi meno di altri: il rapporto tra le attività delle prime cinque banche e il PIL è superiore al 300% in Irlanda, Cipro e Lussemburgo (questo spiega perchè anche le banche "relativamente" grandi saranno sottoposte alla supervisione della BCE), ma è comunque superiore al 100% in Italia, Francia e Germania. Nel 2009 la nazionalizzazione da parte del governo irlandese della Anglo Irish Bank (AIB) innescò la correlazione tra andamento del settore bancario e spread sugli interessi del debito sovrano. Inoltre, più un governo è indebitato e minore il potenziale di crescita del paese, minori sono le capacità di onorare l'implicito impegno con i depositanti. D'altra parte le banche di dimensione europea, contrallate da autorità nazionali, hannno investito in maniera proprorzionalmente maggiore nei titoli del debito pubblico del proprio paese. Arriviamo così alla crisi greca esplosa nel 2011 e che ha investito i cosidetti paesi deboli: Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia.

Ma perchè esistono banche europee? Uno dei tre pilastri dei Trattati che costituiscono l'Unione Europea è il libero movimento dei capitali. E' sulla base di questo principio che sin dagli anni 80 si è perseguito l'obiettivo della costituzione di un mercato finanziario unico europeo. Mentre notevoli progressi verso l'integrazione sono stati ottenuti nei mercati monetari e dei capitali, il mercato dei servizi bancari al consumo si è mostrato più refrattario all'integrazione. Il motivo è semplice: nonostante internet e la moneta unica, tali servizi sono difficilmente esportabili in quanto il mercato bancario al consumo è eminentemente locale, basato sulla vicinanza e la relazione. Per questo motivo si è puntato all'integrazione dell'offerta, anzichè della domanda, attraverso la creazione di gruppi bancari transnazionali. Dal 2004 al 2007 vi è stata un'esplosione di operazioni di fusione e acquisizione bancaria transazionali, favorite dalle autorità di Bruxelles e dai governi nazionalli. BNP-Paribas (proprietaria di BNL), Santander, Deutsche Bank, Credit Agricole, HSBC, UniCredit sono diventate banche di dimensione europea. Tale processo si è poi bloccato con la crisi finanziaria, ma le banche di dimensione europea sono rimaste una realtà.

La creazione di banche europee ha portato maggiore concorrenza, ha reso possibile una maggiore circolazione dei capitali in Europa e ha aiutato la crescita dei nuovi paesi entrati nell'Unione (Europa centrale e orientale). Tuttavia, è aumentata anche l'interdenpendenza dei mercati finanzairi nazionali, le difficoltà di gestione delle crise e la diffidenza tra le autorità nazionali. Infatti, alla maggiore integrazione finanziaria non è corrisposta un'adeguata integrazione delle regolamentazione e della suppervisione. Solo nel 2010 è stata costituita un'Autorità Bancaria Europea, con compiti limitati all'armonizzazione delle regole e alla risoluzione dei conflitti tra autorità nazionali.

E' divenuto ora evidente che è necessario rescindere il nesso tra banche e debito pubblico nazionale. Per farlo ci vuole un'autorità di supervisione europea forte (e la BCE certamente lo sarà) che liberi le banche dalla pressione a correre in soccorso dei propri governi. Ma questo non basta: ci vuole anche un sistema europeo di gestione delle crisi bancarie con strumenti, anche finanziari, adeguati; e ci vuole un sistema per ripartire gli eventuali costi. Ma, come ha mostrato anche la recente crisi cipriota, prima che i governi nazionali siano disposti a mettere in comune risorse per salvare i depositanti di altri paesi devono esserci garanzie che le regole e la supervisione preventiva siano adeguate. Per questo si parte dalla supervisione unica. Ma la strada da percorrere è ancora lunga.

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