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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2013 alle ore 15:15.

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Eppure questi Paesi hanno rivestito sinora un ruolo piuttosto timido e poco ingegnoso nei forum internazionali quali il G-20 o la World Trade Organization. Quando si sono imposti, è stato soprattutto alla ricerca degli interessi nazionali. Non hanno davvero nulla di nuovo da offrire?

Finora l’economia globale ha funzionato con una serie di idee e di istituzioni provenienti dai Paesi avanzati dell’Occidente. Gli Stati Uniti hanno dato al mondo la dottrina del multilateralismo liberale basato sulle regole – un regime i cui molti difetti sottolineano i nobili principi secondo i quali il sistema ha generalmente funzionato. L’Europa ha portato i valori democratici, la solidarietà sociale e, per tutti i suoi attuali problemi, l’atto di ingegneria istituzionale più impressionante del secolo, l’Unione europea.

Ma queste vecchie potenze non hanno né la legittimità né la forza di sostenere l’ordine globale in futuro, mentre le nuove potenze emergenti devono ancora dimostrare quali valori sceglieranno e promuoveranno. Devono sviluppare la loro visione di nuova economia globale, cercando di andare oltre le lamentele sulla struttura asimmetrica del potere. Sfortunatamente, non è ancora chiaro se siano inclini ad andare oltre i propri interessi personali per affrontare le sfide comuni del mondo.

La propria esperienza di sviluppo rende i Paesi come la Cina, l’India e il Brasile resistenti al fondamentalismo del mercato e ai fautori della diversità istituzionale e della sperimentazione pragmatica. Possono contare su questa esperienza per articolare una nuova storia globale in grado di enfatizzare l’economia reale rispetto alla finanza, la diversità politica rispetto all’armonizzazione, lo spazio politico nazionale rispetto alle costrizioni esterne e l’inclusione sociale rispetto all’elitismo tecnocrate.

Ma devono smettere di supplicare e iniziare ad agire come veri leader, cercando di capire che anche altri, inclusi i Paesi avanzati, affrontano sfide che talvolta richiedono politiche che mettono l’economia domestica al primo posto. E devono lavorare per sostenere i principi fondamentali dell’economia globale che hanno accompagnato l’economia stessa – e i Brics – così bene negli ultimi sessant’anni: la non discriminazione e il multilateralismo.

Infine, i Brics devono anche dare l’esempio. Le pratiche dei diritti umani attuate in Cina e in Russia e la soppressione del dissenso politico sono incompatibili con la leadership globale. Questi regimi autoritari devono riformarsi a livello nazionale se vogliono esercitare una qualche pretesa morale all’estero.
Traduzione di Simona Polverino

Dani Rodrik, professore di economia politica internazionale all’Università di Harvard, è autore del libro Il paradosso della globalizzazione. La democrazia e il futuro dell’economia mondiale.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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