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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2013 alle ore 15:50.

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Nello sviluppare una strategia di aggregazione dei debiti pubblici, i leader europei devono però affrontare la possibilità di incorrere nell’azzardo morale (la tendenza dei paesi più deboli a rilassare gli sforzi per ridurre il debito in risposta all’aumento di credibilità derivata dai paesi più forti). In effetti, vista la riluttanza delle economie più forti ad essere sfruttate in questo modo, il rischio di azzardo morale è l’ostacolo principale all’aggregazione dei debiti nell’eurozona.

Ma non è l’unico ostacolo. Un piano di aggregazione del debito deve anche affrontare il fatto che i paesi più forti si troveranno inevitabilmente di fronte a tassi di interesse più alti sui loro debiti una volta diventati collettivamente responsabili dei debiti dei governi meno affidabili.

Per superare questi ostacoli, un eventuale schema di mutualizzazione del debito nell’eurozona deve necessariamente soddisfare tre requisiti. Innanzitutto, è necessario limitare la quota di debito pubblico da aggregare, lasciando a ciascun paese la responsabilità di una quota significativa del debito pubblico nazionale e incoraggiando, quindi, ciascun stato membro a mantenere sane le proprie finanze pubbliche. (Ci sono state diverse iniziative con quest’obiettivo, tra cui la più significativa è la del 2010 di Jakob von Weizsäcker e Jacques Delpla).

In secondo luogo, è necessario un meccanismo di trasferimento interno tra stati membri dell’eurozona al fine di fare in modo che i paesi meno affidabili compensino, almeno in parte, i loro omologhi economicamente più sani.

Infine, è necessario istituire un’autorità di supervisione per monitorare il progresso dei governi verso dei livelli di debito sostenibili e per definire delle chiare conseguenze per quei paesi che violano le regole del budget dell’eurozona. Il gruppo di Padoa Schioppa ha proposto, recentemente, di far perdere gradualmente il controllo sui procedimenti interni del budget nazionale ai governi che violano le norme.

Coloro che si oppongono alla mutualizzazione del debito, in particolar modo nel nord dell’Europa, spesso sostengono che, in assenza di un’unione politica, si finirebbe per mettere il carro davanti ai buoi. Ma quali altre misure si potrebbero prendere per avvicinare l’eurozona ad un’unione politica? La forza militare, usata troppo spesso in passato per unire diverse nazioni sotto lo stesso colore politico, è fuori da ogni questione. E la semplice attesa non porterà a niente. L’unico approccio pratico è fare dei piccoli passi sequenziali iniziando dall’aggregazione del debito.

Alexander Hamilton aveva in realtà adottato quest’approccio più di 200 anni fa quando decise di mutualizzare i debiti che i singoli stati degli USA avevano contratto durante la guerra d’indipendenza; una mossa decisiva verso una maggiore integrazione politica. Invece di aspettare che si creasse un’unione politica, Hamilton portò avanti un approccio concreto che aiutò gli Stati Uniti a diventare un’unione politica, fiscale e monetaria a pieno titolo.

L’eurozona è attanagliata da una crisi esistenziale che sta lentamente, ma inesorabilmente, distruggendo le fondamenta stesse dell’unione monetaria. L’unico modo per contenere questo processo di erosione è agire con una forte determinazione che possa convincere i mercati finanziari che l’eurozona continuerà ad esserci. Un sistema di aggregazione del debito che soddisfi i requisiti qui indicati invierebbe il segnale che i paesi membri dell’eurozona sono seri nel voler rimanere uniti. Senza un simile gesto, una nuova agitazione dei mercati sarebbe inevitabile, mentre il crollo dell’eurozona diventerebbe solo una questione di tempo.

Traduzione di Marzia Pecorari

Paul De Grauwe è capo dello European Institute presso la London School of Economics.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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