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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2013 alle ore 19:01.

Un mondo fatto di vulnerabilità

ROMA – Nel 2010, i leader globali erano riusciti a raggiungere cinque anni prima della scadenza uno degli obiettivi di sviluppo del millennio che prevedeva la riduzione del 50% della percentuale degli anni ‘90 della povertà mondiale. Ma un livello crescente di disoccupazione e la diminuzione degli stipendi confermano il rischio permanente della povertà nel mondo. Dopotutto, la povertà non è una caratteristica costante di un gruppo predefinito, ma una condizione che minaccia miliardi di persone che si trovano in un contesto di vulnerabilità.

Nonostante le carenze, le misure sul reddito sono utili per una migliore comprensione dell’entità della povertà e della vulnerabilità a livello mondiale. Ma la soglia di povertà pari a 1,25 dollari stimata dalla Banca Mondiale (a parità di potere d’acquisto) che viene utilizzata per misurare gli eventuali progressi in relazione al target di riduzione della povertà degli obiettivi di sviluppo del millennio, non è l’unica soglia rilevante. Quando la soglia di povertà viene aumentata in relazione ad una spesa pro capite giornaliera pari a 2 dollari, il tasso di povertà globale aumenta dal 18% a circa il 40%, il che sta a indicare che molte persone vivono poco al di sopra della soglia di povertà stabilita e che sono pertanto vulnerabili a eventuali shock esterni o a cambiamenti nelle situazioni personali, come ad esempio l’aumento dei prezzi o eventuali perdite del reddito.

Tre quarti dei poveri a livello mondiale vive nelle aree rurali dove si registra tra i lavoratori agricoli la più alta incidenza di povertà, soprattutto a causa di una bassa produttività, della disoccupazione stagionale e degli stipend bassi elargiti dalla maggior parte dei datori di lavoro rurali. Negli ultimi decenni, la vulnerabilità e l’insicurezza economica sono cresciute con l’aumento di un’occupazione transitoria, casuale e precaria tra cui il lavoro autonomo, part-time, a tempo determinato, temporaneo e a chiamata. Anche il lavoro da casa, spesso svolto dalle donne, è in aumento.

La liberalizzazione del mercato, la globalizzazione e l’influenza sempre più ridotta dei sindacati hanno portato ad un peggioramento dei trend occupazionali. Allo stesso tempo, le politiche macroeconomiche si sono focalizzate sul raggiungimento ed il mantenimento di un’inflazione bassa e a una cifra piuttosto che sulla piena occupazione, mentre le limitazioni alla rete sociale hanno comportato un aumento dell’insicurezza e della vulnerabilità economica.

Durante la crisi asiatica del 1997-1998, la povertà era aumentata in modo consistente. In quel periodo, il tasso di povertà dell’Indonesia, ad esempio, era cresciuto passando da circa l’11% al 37% principalmente a causa della svalutazione della rupiah.

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