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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2013 alle ore 11:24.

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ERFURT – Il Sudafrica è stato per anni l’esempio di cosa non fare nella battaglia contro l’AIDS. Fino a poco tempo fa, la risposta del governo al contagio che minacciava la linfa vitale del paese è stata insignificante e superficiale. Ma le pressioni crescenti degli ultimi vent’anni da parte della società civile, dei media e di un numero maggiore di politici illuminati, stanno finalmente producendo qualche risultato. Questa malattia, che ha inflitto un enorme e profondo dolore sociale ed economico e che ha tragicamente ridotto le aspettative di vita, sembra stia ora regredendo.

Ma un nuovo indica che la battaglia del Sudafrica contro il virus è ancora lontana dalla fine. Il paese presenta la più grande diffusione di HIV a livello mondiale con 5,6 milioni di cittadini attualmente affetti dal virus (più del 10% della popolazione). Ogni anno, si registrano circa 300.000 nuove infezioni e 170.000 decessi legati all’AIDS. I pazienti affetti dall’AIDS sono poi anche esposti ad altre infezioni. Il 70% dei sudafricani affetti da HIV hanno infatti contratto anche la tubercolosi, mentre si stima che la metà dei pazienti con il virus dell’HIV la contrarranno nel corso della loro vita. Cosa ancor peggiore, a un terzo delle donne incinte, demograficamente più propense a prendere l’AIDS, è stato diagnosticato il virus che può essere trasferito al bambino durante il parto.

La ferocia di questa malattia e la velocità con cui si diffonde ha colto di sorpresa molti sudafricani. Come è avvenuto nei paesi sviluppati, l’infezione da HIV era inizialmente concentrata tra gli omosessuali, gli emofiliaci e gli utilizzatori di droga per via endovenosa. Ma durante gli anni ’90, e per ragioni ancora non del tutto comprese, il virus si è poi diffuso in tutta la popolazione. Il numero di sudafricani infetti (equivalente alla popolazione della Danimarca) supera quello complessivo di tutti i paesi vicini, ovvero Mozambico, Lesotho, Botswana, Namibia e Zimbabwe.

Tuttavia, la diffusione rapida dell’HIV e l’aumento del numero di decessi legati all’AIDS non hanno, sorprendentemente, incoraggiato i leader del paese del periodo post-apartheid, in particolar modo l’ex presidente , ad agire in modo significativo. Per anni, i rappresentanti di alto livello del Congresso Nazionale dell’Africa sembrano aver preferito negare la diffusione dell’HIV e dell’AIDS e trascurare la ricerca del modo migliore per combatterlo.

Le organizzazioni della società civile non si sono tuttavia dimostrate compiacenti e hanno utilizzato i tribunali, i media e forme di disobbedienza civile per esortare al cambiamento. Sebbene ci siano ancora visioni ben distinte su come curare l’HIV, negli ultimi dieci anni sono state introdotte in alcune strutture pubbliche una serie di cure antiretrovirali. Inoltre, a seguito della nomina nel 2009 del Ministro della Salute Aaron Motsoaledi, è stato sviluppato un nuovo approccio coerente e lineare.

Secondo il Dipartimento Nazionale della Sanità del Sudafrica ed i professionisti della sanità privata le condizioni non sono più così disperate. Tre diversi approcci hanno aiutato a contenere la diffusione: la fornitura di una terapia antiretrovirale da parte del governo e delle agenzie donatrici, un miglior trattamento dei pazienti affetti da tubercolosi che tendono a contrarre anche il virus dell’HIV, ed un programma allargato di prevenzione della trasmissione del virus dalla madre al bambino.

Questi rimedi hanno ridotto il tasso di nuove infezioni (anche se il numero totale di persone affette da HIV continua a crescere, in particolar modo nella popolazione tra i 15 ed i 49 anni). Grazie al fatto che circa due milioni di pazienti sono ora trattati con terapie antiretrovirali, dal 2005 ci sono 100.000 decessi legati all’AIDS in meno all’anno. Il contagio tra i bambini appena nati, una volta pari a 70.000 casi all’anno, si è ridotto del 63%, mentre la vita di milioni di pazienti affetti da HIV si è allungata.

Un altro fattore importante è stato una migliore integrazione di programmi di trattamento. Il governo ha infatti allineato i programmi di trattamento antiretrovirale iniziati nel 2008 per i pazienti afflitti da HIV con i programmi di monitoraggio precoce per le donne incinte. Sono stati di aiuto anche i nuovi e più efficaci trattamenti per la prevenzione della tubercolosi, in particolar modo dei ceppi con maggiore resistenza multifarmaco.

Bisogna e si deve fare di più. Si potrebbero, ad esempio, ridurre le nuove infezioni incoraggiando le donne incinte ad andare presso le cliniche per dei monitoraggi precoci e per una serie di controlli dopo il parto.

Ma oggi dobbiamo riconoscere i progressi fatti, se non addirittura celebrarli. I successi recenti dimostrano che con la volontà politica e le risorse necessarie anche la piaga peggiore può essere sconfitta; una lezione non solo per il Sudafrica ma anche per gli altri paesi e per tutto il mondo in via di sviluppo.

Traduzione di Marzia Pecorari

Tochukwu Akunyili è uno studente presso la Willy Brandt School of Public Policy, Università di Erfurt.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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