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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2010 alle ore 15:43.
La Commissione europea guarda con preoccupazione ai conti pubblici della Bulgaria e già nei prossimi giorni potrebbe inviare una missione di esperti per effettuare opportuni controlli. Questa l'indicazione fornita oggi dal commissario per gli Affari economici e monetari Olli Rehn al termine del Consiglio Ecofin, e nel contesto del rafforzamento dei poteri di controllo di Eurostat.
Dopo le notizie dall'Ungheria che hanno destabilizzato i mercati quindi, i dubbi sulla tenuta delle finanze pubbliche si allargano ad altri paesi europei. Budapest da parte sua si appresta a varare una nuova tassa sul settore bancario. Negli obiettivi dell'esecutivo il provvedimento porterà 200 miliardi di fiorini (1 miliardo di euro) alle casse dello stato quest'anno. Il premier Viktor Orban ha poi fatto sapere che il governo intende anche vietare i prestiti sui mutui in valuta estera.
E i nubi sull'economia dell'Europa dell'Est non si limitano ai conti pubblici. Secondo le cifre diffuse dall'Istituto viennese di studi economici comparati (Wiiw) l'area ha visto dimezzare l'afflusso di investimenti diretti esteri lo scorso anno rispetto al 2008.
Particolarmente colpiti i numerosi paesi Ue dell'area, dove gli investimenti sono quasi tornati ai livelli del 2003, momento dello scoppio della bolla internet. La Repubblica ceca, la Lettonia e la Lituania hanno ricevuto molto meno della metà degli investimenti stranieri del 2008 lo scorso anno.
Flussi addirittura negativi in Slovacchia e in Slovenia, che indicano che le riserve accumulate nei due paesi sono state ritirate. L'Estonia e la Polonia, l'economia più forte della regione, sono state le meno toccate. Il wiiw ricorda che in questi paesi il settore estero è estremamente importante nelle economie nazionali.
Meno compromessi i paesi del sud est europeo: gli investimenti diretti esteri nell'area balcanica erano pari a 5.469 miliardi lo scorso anno da 8.636 miliardi nel 2008. L'Albania e il Montenegro, dove sono in corso le privatizzazioni, hanno registrato un aumento degli investimenti esteri.
Nel paesi ex Csi gli investimenti sono passati da 60,89 miliardi di euro a 32,704 miliardi con situazioni molto differenziate: la Bielorussia ha sofferto un calo minimo, mentre i fondi verso la Moldavia sono crollati da 481 milioni di euro a 62 milioni.