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Finanza e Mercati In primo piano

Titoli di stato e corporate bond. Come difendere il proprio patrimonio e "scovare" del rendimento

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 09:27.

Un caleidoscopio che, a seconda del maggiore o minore pessimismo, propone colori ora tendenti al verde o al blu; ora al grigio, se non al nero. Anche così può descriversi la realtà dei debiti sovrani in Europa, e non solo. Tra l'ennesimo taglio del rating della Grecia, i report sull'esposizione delle banche (oltre 600 miliardi) nei confronti dei "Piigs"e la proposta di aiuto verso la Spagna-non gradita da Madrid -della cancelliera tedesca Angela Merkel, l'attenzione dei mercati oscilla tra crescita economica, equilibrio dei conti pubblici e loro sostenibilià. Una realtà difficile, cui i risparmiatori guardano con preoccupazione.

Il sole 24ore.com, senza alcuna pretesa di completezza, ha ascoltato alcuni esperti per capire quali le possibili evoluzioni della situazione. «C'è un eccesso di paura - dice secco Angelo Drusiani, esperto obbligazionario di Banca Albertini Syz -. Fors'anche volutamente indotta: l'investitore retail preoccupato si è liberato dei bond, offrendo così la possibilità a chi aveva venduto allo scoperto di ri-comprare i titoli». Al di là di ciò, molti investitori stanno alla finestra; tengono i soldi sotto il materasso, sul conto corrente: un nonsense? «È una strategia che erode il valore reale del capitale. Tuttavia, guardare ai titoli di stato con brevissima scadenza quale alternativa alla liquidità, puntando sul ritorno sull'investimento, è un gioco che non vale la candela . Un BoT trimestrale, per esempio, al netto delle commisioni e delle tasse offre un misero 0,4%».

La protezione del portafoglio
Ma allora, non esistono strategie? «Chi cerca solo protezione del capitale, in linea di massima, può investire anche il 100% del portafoglio su titoli di stato tedeschi, il save-haven in Europa», risponde Drusiani.

Maila Bozzetto
, esperta obbligazionaria della società di consulenza indipendente Imad2, la pensa un po' diversamente: «Per difendersi dall'effetto inflazione - dice - si può ipotizzare un portafoglio investito, per una quota del 20%, in BoT a 6 e 12 mesi». Poi, al fine di scovare più rendimento, «bisogna guardare a emissioni che hanno una maggiore durata . Per esempio: il Bobl tedesco 3,55% (scadenza 2/04/2013), il BTan francese 4,5% (12/07/2013) e il BTp italiano 2% (1/06/2013)». Quale il ritorno di un simile portafoglio? «Si tratta di un mix che - risponde la Bozzetto -, secondo lo yield atteso al 15 giugno 2010 e indicato dal terminale Bloomberg, offre un rendimento netto dell'1,26 per cento». (Guarda qui il primo portafoglio).

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Sempre in ottica conservativa, ma con un ritorno più alto, può guardarsi a duration più lunghe dei prestiti: «La scadenza meno lunga -spiega la consulente indipendente- sarà un BoT a 12 mesi (16/05/2011). Per arrivare a duration quinquennalli come, per esempio, il BTan 2,5% (15/01/2015) o il BtP 3% (15/06/2015)». (Guarda qui il secondo portafoglio)

A caccia di un rendimento maggiore
Ma non ci sono solo la difesa del valore reale e la strategia conservativa: può anche puntarsi ad un rendimento più alto. Sempre ricordando, però, che lo yield maggiore fa rima con aumento del rischio. Quindi la prudenza è d'obbligo. Ciò detto, «un risparmiatore con una media propensione al rischio - specifica Drusiani - può prevedere il 15% del portafoglio sull'azionario e il restante 85% nel reddito fisso». Quest'ultima percentuale va diversificata in che modo? «Si può pensare ai titoli di stato italiano: per esempio, il BTp quinquennale con scadenza 15 giugno 2015 che offre un rendimento lordo del 3% circa; cui può aggiungersi lo stesso tipo di titolo del Tesoro, ma indicizzato all'inflazione; per avere un maggiore ritorno, però, va assunto un maggiore rischio». Vale a dire? «Penso ad una quota, non oltre il 15%, tra emissioni di Stato spagnole, portoghesi e irlandesi. Rispetto, poi, a titoli non italiani -conclude Drusiani - una quota del 12% può coprirsi con emittenti caratterizzati dalla tripla A:. Quindi: Germania, Francia, Olanda o Finlandia».

L'occasione dei Certificati di credito del tesoro
Senza dimenticare, infine, i Certificati di credito del tesoro (Cct). Questi sono titoli di stato la cui cedola variabile, che scade ogni semestre, è pari al rendimento dell'ultima asta BoT a sei mesi, precedente il primo giorno di godimento della cedola stessa; uno yield poi aumentato, per tutti i Cct attualmente quotati, dello 0,15 per cento. «Ebbene queste emissioni -ricorda Drusiani- normalmente quotano attorno, o poco sopra, la parità. Di recente, invece, i prezzi sono scesi al di sotto a causa dei timori sul rischio-paese: una paura che, per l'Italia, è a mio modo di vedere esagerata. Un quota del 15% di Cct può essere inserita nel portafoglio a maggiore rischio».

Una strategia con i corporate bond?
Ma non è solo titoli di stato. Nel 2009 c'è stata la grande abbuffata dei bond corporate. Da un lato, i prestiti bancari non così convenienti, oltre che un po' scarsi, avevano spinto le società a lanciarsi sul mercato; dall'altro, l'easy money mondiale aveva ingolosito gli investitori - quasi esclusivamente i grandi - a mettere le loro fiches sui bond aziendali. La conseguenza? Un rally di queste obbligazioni che, però, ormai è alle spalle. Tanto che adesso, nell'era della bolla dei debiti sovrani, viene da chiedersi: ci si può ancora sedere alla tavola delle emissioni societarie per gustare il giusto rapporto rischio/rendimento?

«La parte importante del movimento sulle quotazioni c'è già stata- precisa da subito Jacopo Ceccatelli, analista obbligazionario della boutique indipendente Jc&Associati-. La differenza dei rendimenti con il benchmark, cioè la curva dei tassi swap, è rientrata su parametri di normalità. L'unica eccezione è il comparto bancario che resta l'unico ancora interessante, se si cerca un sensato rapporto di rischio/rendimento». Seppure, va sottolineato, guardare a questi titoli è un'attività a maggiore rischio e non può essere realizzata da chi ha una strategia da cassetista o una bassa propensione al rischio.

La mancanza di fiducia sulle banche spinge ancora gli spread
Nel periodo precedente alla crisi, 2006-2007, un 'emissione senior di un'istituto finanziario solido e importante aveva uno yield di circa 30 basis points in più rispetto al corrispondente tasso swap. «Attualmente - dice Ceccatelli - viaggiamo su spread compresi tra 120 e 150 basis points». Insomma, viene prezzato maggiormente il premio al rischio.

«Si tratta di una situazione dovuta ad un mix di cause; in primis, sussiste l'incertezza e la diffidenza degli operatori rispetto ai gruppi finanziari». Una diffidenza che, vale la pena sottolinearlo, è "fomentata" dalle banche stesse: venerdì 11 giugno 2010 c'è stato l'ennesimo record dei depositi overnight - 384 miliardi di euro - presso la Banca centrale europea. Cioè a fronte di una remunerazione del prestito allo 0,25%, ben al di sotto del già basso refi (1%), gli istituti di credito preferiscono non prestarsi denaro fra di loro e lo danno a mamma Eurotower. E, se non si fidano gli stessi banchieri, verrebbe da chiedersi perché dovrebbe fidarsi il mercato.

L'alea sui bilanci e le nuove regole
Ma non è solo mancanza di fiducia. «Esiste anche - ricorda Ceccatelli - la difficoltà nella corretta valutazione degli asset finanziari che, giocoforza, hanno un'alea maggiore rispetto, per esempio, a quella che riguarda un capannone industriale. Infine, non va dimenticata la stretta normativa che, nonostante i molti ritardi, riguarderà il comparto finanziario». E che, molto probabilmente, avrà un impatto negativo sui margini del business bancario, «schiacciando, però, più le quotazioni delle azioni che quelle delle obbligazioni».

Bond bancari per chi vuole rischiare un po'...
In questo scenario di scetticismo, non deve troppo stupire che i prezzi di diversi bond bancari siano a sconto rispetto alla parità. Il che, seppure in termini relativi, offre «un'opportunità con le emissioni senior dei grandi istituti finanziari. Anche perché - specifica Ceccatelli - il mercato ha capito che difficilmente le grandi banche verranno lasciate fallire. Così, a meno di non considerare probabile una nuova apocalisse finanziaria, pur con tutte le problematiche indicate, da un lato non è da escludere il recupero delle quotazioni rispetto ai prezzi attuali; dall'altro, se l'obbligazione è a tasso variabile, potrebbe anche esserci l'apprezzamento della cedola, nel medio periodo, in seguito alla ripresa economica e il conseguente rialzo dei tassi».

...ma attenzione alla liquidità dei titoli
Marco Baraldi, gestore obbligazionario di Banca Akros gestioni patrimoniali, pone però l'accento su un aspetto importante: «L'idea di realizzare trading su queste emissioni è un po' difficoltosa - dice l'esperto -. La differenza tra il prezzo di vendita e di acquisto di simili emissioni è molto ampia. Ciò significa che il mercato è scarsamente liquido e c'è il rischio di rimanere "incastrati" nella propria posizione. L'investitore retail, quindi, dovrebbe fare molta attenzione. Ben diversa, invece, la situazione dell'operatore istituzionale che può spuntare condizioni di mercato migliori». Ma voi, attualmente, siete long sul settore dei corporate bond? «No, In questo momento non acquistiamo».

E qui, con l'eccezione indicata sulle banche, la visione è la stessa di Ceccatelli che chiude: «Nel settore dei corporate industriali il recupero è stato molto forte. E, a fronte delle incertezze che comunque persistono sulla ripresa economica, non vedo un'opportuna col giusto rapporto rischio/rendimento»

(L'articolo non costituisce sollecitazione al pubblico risparmio o investimento)

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