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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 17:38.

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Tentazione British Petroleum in Borsa. Il titolo della compagnia petrolifera ha perso più del 50% dal 20 aprile scorso – dal giorno in cui è esplosa una piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico – e viaggia ancora ad altissima volatilità. Il termometro di oggi, lunedì, indica un'escursione da 395 pence (parziale di +2% rispetto alla chiusura di venerdì) a 351 (-9,45%). Per molti esperti il titolo è preda di una forte speculazione. In molti si chiedono, però, se a questi livelli sia il caso di tornare a puntare sulle azioni della multinazionale britannica.

Un dubbio rilanciato anche dal Wall Street Journal e rafforzato dopo che nei giorni scorsi il premier britannico David Cameron è uscito allo scoperto sulla vicenda dichiarando che «la Gran Bretagna è pronta a intervenire, aiutando la società ad affrontare l'incidente e le sue conseguenze». Mentre il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha definito il disastro della marea nera «l'11 settembre dell'ambiente».

Secondo molti esperti, su Bp sarebbe in atto una forte speculazione. Sta di fatto che, in raffronto alle valutazioni borsistiche di alcuni competitor, il titolo della compagnia britannica che sta disperatamente cercando di tappare la falla che sta inondando di petrolio le coste della Louisiana e dell'Alabama, è considerato dalle principali banche di investimento nettamente a sconto. Solo per fare un esempio, Bp capitalizza intorno a 107 miliardi di dollari contro i 110 della compagnia petrolifera francese Total che però fattura un terzo rispetto ai ricavi della multinazionale britannica.

Ottimisti. Gli ultimi target price, infatti, proiettano decisamente al rialzo le quotazioni del titolo. A inizio giugno Hsbc ha ridotto il prezzo obiettivo da 630 pence a 580, confermando però il buy. Rapportando alle quotazioni attuali (371) la proiezione di Hsbc si traduce in un potenziale (ri)apprezzamento del titolo del 56 per cento. La visione è rialzistica anche per Jp Morgan che vede nelle azioni Bp la possibilità di un allungo a quota 675 pence (+81%). Al coro rialzista si uniscono anche Morgan Stanley (600 pence, ovvero +61%), Credit Suisse (560, +51%), Ubs (580, +56%) e Citigroup (+59%). Per Goldman Sachs – nel mirino della trasparenza per aver venduto oltre 250 milioni di dollari in azioni Bp prima del disastro petrolifero – il fair value è stato confermato (in data 7 giugno) a 600 pence (+61% rispetto alle valutazioni correnti). Tracciando una media, le sette case di investimento ipotizzano un prezzo di 597 pence, di circa 2/3 superiore rispetto agli ultimi scambi.

Ma la scia degli ottimisti non si esaurisce alle grandi banche. «Siamo tentenzialmente positivi sul titolo Bp - commentano gil analisti di Free&Partners, società di consulenza finanziaria indipendente -. Riteniamo che le forti discese di prezzo degli ultimi giorni derivino maggiormente da reazioni emotive piuttosto che da considerazioni di natura fondamentale. I costi finora sopportati per porre rimedio al disastro ambientale nel Golfo del Messico (1,6 miliardi di dollari, ndri) non minano la solidità della compagnia e non giustificano un ribasso così marcato delle quotazioni. Ai livelli di prezzo attuali il titolo sconta dei multipli molto vantaggiosi, il p/e è pari al 4,97 mentre il p/e del titolo Eni è pari l 12,12, consideriamo quindi come un' opportunità l'acquisto del titolo; ricordiamo che il titolo ha perso, da inizio anno, circa il 40% contro un -12% del titolo Eni e un -10% dell'indice settoriale DJ Stoxx Oil & Gas».

Scettici. Sull'andamento del titolo, tuttavia, emergono elementi contrastanti e c'è chi preferisce restare al momento alla finestra. Chris Bowie, head of credit di Ignis asset managment, mantiene una posizione neutrale sul titolo. Tuttavia, i gestori obbligazionari della casa di investimento hanno completamente venduto le obbligazioni emesse da Bp. Quest'ultimo, insomma, è un segnale poco incoraggiante. Anche Davide Pasquali, presidente di Pharus Sicav, preferisce non prendere posizioni sulle azioni Bp in questo momento. «L'incertezza legata alle decisioni politiche che dovranno determinare l'entità delle sanzioni nei confronti della società rende prematuro entrare in questo momento sul titolo».

Data chiave. Una risposta alle incertezze potrebbe arrivare il 27 giugno, forse anche prima, quando gli investitori conosceranno se la società distribuirà il dividendo atteso di 14 centesimi (in linea con il precedente) che, sulla base dello scivolone delle quotazioni, corrisponde in questo momento a un rendimento supriore al 9 per cento. L'ad di British Petroleum, in un'intervista pubblicata questa mattina sul Wall Street Journal, ha reso noto che il consiglio di amministrazione «sta valutando tutte le opzioni e che come sempre la decisione verrà presa in base alle circostanze del momento».

Il costo della marea nera. Intanto Bp ha dichiarato oggi, martedì, che la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico le è costata finora 1,6 miliardi di dollari e che nei prossimi giorni comincerà a far funzionare un nuovo meccanismo per catturare una quantità maggiore di petrolio dalla falla nel pozzo. La società londinese ha inoltre reso noto che sono state presentate 51.000 richieste di risarcimento danni e che sono stati effettuati più di 26.500 pagamenti, per un ammontare di oltre 62 milioni di dollari. Negli 1,6 miliardi di dollari sono compresi soltanto 60 dei 360 milioni di dollari che la compagnia petrolifera ha impegnato per realizzare delle isole-barriera al largo della costa della Louisiana.

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