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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2010 alle ore 14:03.
Illegittimo il regime fiscale privilegiato riconosciuto alle banche in seguito alla legge Amato. Il tribunale di primo grado dell'Unione europea ha bollato come aiuto di stato il sistema che - per razionalizzare le attività bancarie e far assumere agli istituti la forma di società per azioni – nel conferimento di attivi da parte di un ente creditizio pubblico a un istituto di credito privato, sospendeva l'imposizione fiscale per l'85% del plus valore realizzato.
Tuttavia i vantaggi alle banche italiane per complessivi 586 milioni di euro, concessi sulla base del regime introdotto con la manovra 2004, sono stati già recuperati nel 2008 dal ministero dell'Economia, rilevano diverse fonti del settore del credito. È scongiurata così l'ipotesi di nuovi aggravi a carico del sistema bancario nazionale. In particolare, dopo che la Commissione europea aveva contestato le agevolazioni, l'Italia aveva attivato la procedura di recupero presso sei banche con un decreto nel settembre 2008. Dopo conteggi concordati con il Tesoro, i benefici erano stati restituiti.
Una sola banca, Bnp-Paribas-Bnl, che come le altre aveva corrisposto le somme, aveva fatto ricorso al Tribunale dell'Ue che oggi ha emesso la sentenza. Bnp era beneficiaria effettiva degli aiuti in quanto aveva incorporato la banca italiana che aveva avuto accesso al regime tributario contestato e la Banca nazionale del lavoro.
Nel mirino prima della Commissione europea poi della Corte di giustizia sono finiti, in effetti, i regimi istituiti con le leggi 218/1990 e 350/2003 (finanziaria 2004) . In particolare la Commissione ha censurato l'articolo 2 comma 26 della legge finanziaria del 2004 perché offriva ad alcune imprese bancarie condizioni più favorevoli rispetto ad altre società.
Il tribunale ha confermato oggi il corretto operato della Commissione europea che aveva quantificato in 586 milioni di euro il vantaggio indebitamente percepito, facendo tuttavia uno "sconto" sull'obbligo di recupero. La banca ricorrente può comunque, entro 60 giorni, giocare la carta del ricorso alla Corte di giustizia.