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Finanza e Mercati In primo piano

Altro che locuste, c'è chi sostiene che la finanza non può fare a meno degli hedge fund

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2010 alle ore 20:37.

Fondi hedge. Fondi locusta. Fondi speculativi. Fondi avvoltoio. O come li si vuol chiamare: sono davvero loro i responsabili dell'ultima grande crisi della finanza che ha poi mandato gambe all'aria l'economia mondiale? Quanto hanno inciso, potendo vendere allo scoperto e scommettere quindi sui ribassi dei mercati, sul crollo delle Borse nel 2008? Nel mirino sono finiti anche i fondi di private equity e, tra questi, quelli di leverage buyout, specializzati nell'acquisto di società ad alto flusso di cassa, attraverso un forte esercizio della leva finanziaria.

Partiamo dai fondi hedge, nati negli Stati Uniti nel 1949 da un'idea di Alfred Winslow Jones, non un economista o un matematico esperto di finanza quantitativa ma un reporter che ha frequentato la Scuola marxista dei lavoratori a Berlino. Sono finiti sul banco degli imputati, con l'accusa di aver creato scompiglio in un momento di panico diffuso sui mercati. Di aver speculato sui ribassi, da puri avvoltoi. Ma è andata davvero così?

C'è chi, adesso che le acque sono meno agitate, adesso che si allontana lo spettro di una recessione a W, li scagiona. Con motivazioni che, se non altro, fanno riflettere. Nel libro "More money than God" ("Più soldi di Dio"), Sebastian Mallaby ribalta infatti la tesi che accosta i gestori dei fondi hedge a delle iene. Elencando una dozzina di racconti a incastro, prova a dimostrare che la storia degli hedge fund è una storia di uomini che sono stati in grado di individuare opportunità di mercato, contro ogni previsione, e di scommettere una fortuna sulle loro convinzioni. Secondo Mallaby non hanno contribuito alla crisi del 2008 anche perché il 2008 per gil hedge fund è stata un anno durissimo.

Per ribaltare la reputazione che gli hedge fund hanno nell'immaginario collettivo, Mallaby intreccia abilmente due temi economici. Il primo è un atto di accusa contro l'ipotesi di mercato efficiente, tesi secondo la quale il comportamento razionale degl investitori mantiene (alla fine) in equilibrio i mercati finanziari. Per smontare l'idea di efficienza dei mercati, l'autore di "Più soldi di Dio" fa un passo indietro e ricorda il crack del 1987.

E a proposito di crack, lo stesso evoca il "grande crollo del '29", epoca in cui degli hedge fund non vi era neppure l'ombra. Inoltre, se i mercati fossero realmente efficienti - argomenta Mallaby - l'intero settore dei fondi hedge sarebbe paragonabile a un pendolo che oscilla tra frodi e colpi di fortuna. Questo può essere vero in alcuni casi ma non certo per i migliori fondi che sono stati in grado di incrementare il patrimonio proprio grazie alla scoperta di clamorose inefficienze di mercato.

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Sì alla direttiva sugli hedge

Con 33 voti favorevoli e 11 contrari la Commissione Affari economici e monetari dell'europarlamento

Thomas Della Casa, Head Research & Analysis di Man Investments  (Imagoeconomica)

Gli hedge fund aggrediscono i mercati con le strategie distressed. «2010, anno di volatilità»

Da qui a fine anno la volatilità resterà elevata. Parola di Thomas Della Casa, a capo della ricerca

Agli hedge fund serve una svolta vedo-non vedo

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Tags Correlati: Alfred Winslow | Banca d'Inghilterra | Borsa Valori | Fondi comuni | George Soros | James Simons | Lehman Brothers | Leverage buyout | Lorenzo Stanca | Mandarin Capital Partners | Michael Steinhardt | Sebastian Mallaby |

 

Parlando di inefficienze, Mallaby tira in ballo la seconda variabile economica su cui si muovono gli hedge fund, vale a dire la battaglia ricorrente tra i banchieri centrali, determinati a mantenere un tasso di cambio irrealistico per la loro valuta. In questo passo Mallaby cita la vicenda del finanziere George Soros che, in quello che viene ricordato come il mercoledì nero del 16 settembre 1992, vendette allo scoperto più di 10 miliardi di dollari in sterline, approfittando della riluttanza da parte della Banca d'Inghilterra ad aumentare i tassi di interesse a livelli confrontabili con quelli degli altri paesi (il Sistema monetario europeo) e a lasciare il tasso di cambio della moneta fluttuante. La manovra di Soros costrinse la Banca d'Inghilterra a decretare l'uscita della sterlina dallo Sme e a svalutare la valuta. Il finanziare - fondatore del Soros Fund management - guadagnò una cifra stimata in 1,1 miliardi di dollari. Da quel momento è anche conosciuto come «l'uomo che distrusse la Banca d'Inghilterra».

Nel suo libro, Mallaby racconta poi di un altro degno seguace di Wilson, Michael Steinhardt, che creò negli anni '60 un fondo hedge divenendo il capostipite della strategia dello scambio veloce via computer, che permette di spostare efficacemente da un punto all' altro del globo enormi masse di denaro. Uno dei primi esempi di matematica quantistica applicata alla finanza che trova oggi nel matematico James Simons, considerato con il suo Renaissance Technologies il gestore più ricco in attività, uno dei massimi esponenti.

Mallaby, nel ruolo di avvocato del diavolo degli hedge fund, ricorda anche che la finanza non può prescindere dagli hedge fund. Lo dimostra la storia: i fondi speculativi sono infatti sopravvissuti a tutte le crisi del passato mentre colossi Lehman Brothers hanno fatto gli scatoloni.

L'ultima grande crisi ha dato adito a polemiche anche nei confronti dei fondi di leverage buyout (Lbo), che rappresentano una fetta consistente nell'universo del private equity. Gran parte degli operatori ritiene che il 2008-2009 abbia evidenziato come questo tipo di operazioni siano deleterie per l'economia e che l'intero settore del private equity vada sottoposto ad una stretto monitoraggio e ad una limitazione del suo ambito di azione. Ma è davvero corretto imputare ai fondi di private equity delle colpe che vanno al di là di un'eccessiva dell'assunzione di rischi?

Secondo Lorenzo Stanca, managing partner di Mandarin Capital Partners, fondo di private equity focalizzato sull'asse Italia-Cina, la verità è un'altra. «Le operazioni di Lbo non sono state causa della crisi, ma semmai vittima. Vittima magari colpevole di un'accelerazione della caduta, poichè quando i debiti sono alti, l'intero sistema è più esposto all'esplodere di crisi improvvise. spiega - Ma pur sempre vittime, dal momento che l'epicentro dell'uragano finanziario sono stati i Cdo e le cartolarizzazioni di mutui statunitensi in essi contenuti.

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