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Finanza e Mercati In primo piano

La riforma del sistema finanziario è legge. Per il presidente Obama è un'altra vittoria politica

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2010 alle ore 21:12.

La riforma del sistema finanziario è legge. Il Senato ha superato ieri, attorno alle 14.40 ora di Washington la soglia dei 51 voti necessari per approvare in fase di riconciliazione il pacchetto già passato dalla Camera, che cambierà il volto del mondo bancario e finanziario americano. Pochi minuti dopo, in un pomeriggio di caldo torrido a Washington con il termometro che ha sfiorato i 38 gradi, il voto finale: 60 voti favorevoli, 39 voti contrari. Per la prima volta in quasi due anni, un voto con parvenza bipartisan: il passaggio al Senato è stato possibile grazie all'adesione di tre senatori repubblicani, Scott Brown, Olympia Snow e Susan Collins che hanno ottenuto concessioni importanti per i loro stati, come l'eliminazione di una tassa di 19 miliardi di dollari sulle banche o esenzioni da alcune regole per certi fondi pensione.

La firma alla Casa Bianca del Presidente Barack Obama, solenne, prevista nel Giardino delle Rose, sarà nei prossimi giorni e forse già oggi o domani. Anche se l'atto a questo punto sarà formale, si tratterà comunque di una firma storica ed esorcizzante: proprio ieri e la coincidenza non può essere solo casuale, la Sec e Goldman Sachs hanno annunciato un accordo extragiudizario che chiude la causa per "malpractice" aperta dal governo americano contro Goldman. Sul piano storico, era dal Glass Steagall Act del 1933, che separò drasticamente le attività di banca commerciale da quelle di banca d'affari dopo la crisi del 1929, che non si aveva una riforma finanziaria di questa portata in America. Oggi le imposizioni saranno meno dure e incisive di allora, alcuni blog, come Huffington Post, parlano di "riforma, ma non "trasformazione". Non vi saranno ad esempio "spezzatini" di banche "troppo grandi per poter fallire".

Alcuni, e fra questi l'economista Paul Krugman, ma anche uno degli ispiratori della riforma, Paul Volcker, dicono che non si è fatto abbastanza. Resta il fatto che dopo la liberalizzazione del settore, prima strisciante degli anni Ottanta e poi completa nel 1998, per rispondere alla globalizzazione, nel 2010 si fa marcia indietro. Le banche commerciali non potranno investire per conto del proprio portafoglio in operazioni di trading o speculative, in operazioni hedge o di private equity, per una percentale superiore al 3% del proprio capitale. Le banche che vorranno fare di più dovranno lasciare il settore commerciale (che consente di raccogliere depositi dai clienti) e concentrarsi su quello di trading. Oppure dovranno creare delle controllate separate. Vi saranno anche un controllo del rischio e nuovi poteri di supervisione da parte della Fed. Sarà istituita una nuova agenzia per la protezione dei consumatori, per difendere gli ingenui da prestiti facili, attraenti sulla carta, ma molto onerosi in termini pratici, come abbiamo visto nel caso dei prestiti subprime. Vi saranno nuove misure di trasparenza, attraverso clearing houses e veri e propri mercati ad hoc, per i fondi hedge e per prodotti derivati. E mille altre regole minori – e ancora per molti versi sconosciute - contenute nelle 2300 pagine del testo di legge.

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Ieri dunque, sul piano simbolico, si è chiuso uno dei periodi più gravi della storia finanziaria americana. Un periodo caratterizzato da due anni di crisi, di crolli degli indici di borsa, da un rischio di paralisi sistemica dei mercati del credito su base globale, dalla fine di istituzioni finanziarie secolari e in apparenza solide, come Lehman Brothers, Merrill Lynch, Bear Stearns. Da una crisi immobiliare senza precedenti negli ultimi 70 anni. E da oltre nove milioni di disoccupati generati da un'economia in forte contrazione. Tutto, dicono gli economisti, gli esperti e gli stessi banchieri durante drammatiche audizioni in Parlamento, per una oggettiva mancanza di limiti ai rischi che potevano essere sottoscritti dalle istituzioni finanziarie americane: banche, grandi o piccole, fondi privati, istituzioni semipubbliche come Freddie Mac o Fannie Mae o compagnie di assicurazione come AIG, continuavano a far lievitare i loro portafogli esponendosi a rischi di cadute sempre più forti. Il nuovo progetto, firmato dal Senatore Christopher Dodd e dal deputato Barney Frank, con l'avallo del Presidente, dovrebbe portare maggiore razionalità. Ma i critici dicono che porterà anche più regole, rigidità e una maggiore difficoltà per l'accesso al credito da parte delle aziende. Comunque sia per Obama si tratta di un'altra vittoria politica. L'ennesima con un risvolto amaro: non si è ancora tradotta in consensi presso l'opinione pubblica.

Il presidente ha cercato di trasformare in un consenso il successo del passaggio in Parlamento della riforma del sistema finanziario americano. Per questo ha puntato soprattutto sui consumatori, sulle persone comuni e su quella che considera una sua "creatura", l'agenzia per la portezione dei consumatori. «Il settore finanziario deve costruire sull'innovazione non sui trucchi o sulle trappole – ha detto ieri Obama parlando dal Giardino delle Rose della Casa Bianca - Ogni americano potrà avere tutte le informazioni necessarie per poter prendere le decisioni finanziarie più giuste…non ci sarà più confusione…».
Obama ha definito la riforma, «la più forte protezione finanzaria nella storia per i consumatori e la più importante agenzia per controllare Wall Street». Secondo il Presidente non vi saranno più rischi per il sistema finanziario «non avremo una nuova lehman brothers o Aig per questa riforma le trasnazioni finanziare saranno trasparenti, avveranno alla luce del giorno, in breve, le riforme di "Wall Street" porteranno più sicurezza per "Main Street", i contribuenti non dovranno più pagare per gli errori di altri, gli azionisti saranno protetti e le piccole aziende sopravvireranno». Poi l'attacco politico all'opposizione: «I repubblicani chiedono già l'abolizione di questa riforma, ma non possiamo rischiare un'altra crisi o avere aziende o consumatori troppo indebitati rispetto alle loro possibilità». Ma per Obama, e questo lo confermano i sondaggi di giorni fa, la streda per aumentare i consensi nonostante resta in salita. E questo nonostante i successi «con la riforma sanitaria e altri progetti di legge chiave» come ha puntualmente ricordato il Presidente alla fine della sua dichiarazione.

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