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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2010 alle ore 08:05.
Per i 40 big industriali di Piazza Affari il 2009 nel complesso è stato ancora un anno no. La fotografia scattata da R&S-Mediobanca vede per l'aggregato ricavi in calo del 12%, il margine operativo netto giù di oltre il 21%, l'utile netto addirittura in caduta del 43%. Per fortuna il primo trimestre di quest'anno ha segnato un'inversione di rotta, dato che il fatturato complessivo è cresciuto del 7,6%, il margine operativo netto del 19%, il risultato corrente del 26%, l'utile del 9%.
Meglio il comparto pubblico del privato quanto a ricavi (+8,6% contro +6,4%) e margini industriali (+21,3% contro +14,1%), il contrario per risultato corrente (+56,8% i privati e +36,3% i pubblici) e profitti netti (+23,6% contro -1% i pubblici, principalmente per i minori proventi straordinari iscritti dall'Enel).
Per l'intero 2009, a voler distinguere, si scopre che anche l'anno scorso ha confermato il miglior andamento dei gruppi pubblici. Intendiamoci, sempre di calo si tratta, ma la flessione del fatturato è stata del 10% rispetto al -14,7% dei privati, con una diminuzione dei profitti netti del 30,8% contro il -66% degli altri. Tuttavia, le vendite all'estero sono andate relativamente meglio: -9% rispetto al -18% del mercato domestico. Ma in casa hanno giocato meglio i privati che hanno visto i ricavi flettere del 9% mentre i gruppi pubblici hanno accusato una debacle del 26%. Tutti quanti però dipendono più dai mercati d'oltreconfine, dal momento che per le imprese private il fatturato estero rappresenta il 57,6% del totale, per le pubbliche il 59,6 per cento.
Nel complesso i big quotati hanno ridotto l'occupazione del 2%, ma anche qui c'è da distinguere tra i gruppi pubblici che hanno aumentato dell'1,6% il numero dei dipendenti e quelli privati che li hanno ridotti del 3,8%. Non sorprende che il conto sia stato più salato per l'Italia (-3,7%) che per l'estero (-1%), ma forse non è noto che le grandi imprese della penisola hanno più personale oltrefrontiera (il 52,7% del totale) che entro i confini domestici. Gruppi come Buzzi, Pirelli e Parmalat hanno addirittura oltre l'80% degli addetti all'estero, e anche Fiat è sopra la media con il 57,7 per cento.