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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2010 alle ore 08:09.
ll costo della recessione sull'«Azienda Italia»? Quarantadue miliardi di debiti finiti in ristrutturazione per le medie e piccole aziende, quelle Pmi che sono l'ossatura del tessuto industriale del Paese. Ma il prezzo della crisi è stato salato anche per le banche, costrette a stralciare oltre il 35%. Un terzo dei crediti erogati è andato in fumo.
Dopo l'abbuffata di finanza degli anni del boom (e della bolla) molte aziende si sono trovate stracariche di debito, spinte dal cocktail di denaro a basso costo e boom dell'M&A. Poi, con la crisi e il credit crunch, hanno iniziato a saltare i famigerati covenants (i parametri di oscillazione tra debito e liquidità generate fissati dalle banche): anche aziende sane e robuste si sono all'improvviso ritrovate con un debito che, prima sopportabile, è diventato insostenibile. Nell'ultimo anno e mezzo, sostanzialmente dall'inizio della recessione, 65 tra le principali aziende italiane hanno dovuto mettere una toppa al problema dei troppi debiti. Dal più semplice sforamento dei parametri, alle rinegoziazioni, fino alle soluzioni stra-giudiziali per evitare le insolvenze. Quest'ultima è stata la formula più utilizzata, introdotta dalla nuova legge fallimentare. L'elevato numero di rinegoziazioni e ristrutturazioni è il segnale indiretto delle ferite lasciate dalla crisi. La cifra, elaborata da un report che circola tra le banche d'affari milanesi, tiene conto di un campione di medie e piccole aziende "eccellenti", quotate e non.
Le cause
Complice la peggior recessione degli ultimi cento anni, redditività e flussi di cassa delle aziende sono caduti e le stime sulle performance future fatte pre-crisi sono diventate carta straccia. A quel punto la struttura finanziaria è diventata sproporzionata e numerose aziende hanno sfiorato il dissesto: di qui lunghe ed estenuanti trattative con le banche che hanno dovuto rinunciare a una fetta consistente di crediti, ma l'alternativa sarebbe stata il default di molte aziende. La prima ondata ha interessato quelle società strapagate dal private equity, appesantite dai debiti delle acquisizioni attraverso leverage buy out: l'incidenza di debiti (30 miliardi su 47 aziende) e degli stralci (il 41% del totale calcolabile) è molto più alte sulle società non quotate.