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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 08:26.
L'Italia è, fra i paesi del G-7, quello che nel prossimo anno, insieme alla Germania, avrà bisogno di compiere i minori sforzi di risanamento del bilancio per stabilizzare il debito pubblico, non avendone accusato l'esplosione a causa della crisi globale. Ma proprio l'alto livello del debito con cui è invece entrata nella crisi la colloca nel gruppo dei paesi industriali che hanno scarsissimo margine di manovra sul piano fiscale e sono vicini al limite oltre il quale i mercati finanziari potrebbero mettere in dubbio la sostenibilità del debito stesso.
Il Fondo monetario ha pubblicato ieri un'analisi del dipartimento fiscale, aggiornata sulla base delle ultime previsioni di luglio sull'economia mondiale (le nuove stime saranno presentate il mese prossimo a Washington, ma dovrebbero discostarsi poco da quelle), da cui emerge che ai paesi del G-7 sarà richiesto un forte aggiustamento del bilancio primario (al netto della spesa per interessi) anche solo per mantenere costante il rapporto fra debito e prodotto interno lordo: pari al 6,5% nella media delle sette maggiori economie industrializzate.
Per l'Italia, tuttavia, che nella risposta alla crisi ha evitato azioni di stimolo fiscale all'economia e il costo dei salvataggi bancari, la stima dell'Fmi è attorno all'1%. Si tratta della versione aggiornata dei calcoli dell'Fmi mostrati alla stampa dal ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, dopo le riunioni di primavera del Fondo. Anche nella prospettiva di più lungo periodo, di ridurre il rapporto debito/pil al 60% entro il 2030, con lo sforzo di aggiustamento concentrato soprattutto nei prossimi dieci anni, l'Italia resta sotto la media del G-7 ed è seconda solo alla Germania.
Per il Fondo (il cui dipartimento fiscale è guidato da un italiano, Carlo Cottarelli),il problema dei conti pubblici dei "grandi" risale a ben prima della crisi, questione ben nota in Italia: agli anni dalla metà dei 60 fino alla fine degli 80, quando la spesa pubblica si è dilatata e il debito ha fatto da "ammortizzatore degli shock all'economia", ampliandosi nei periodi difficili, ma senza ridursi in quelli favorevoli. L'aumento della spesa per le pensioni e per la sanità sono le due voci che hanno alimentato di più questa tendenza e caratterizzeranno anche, secondo l'Fmi, i prossimi decenni, soprattutto alla luce dell'invecchiamento della popolazione, problema particolarmente acuto nel nostro paese. L'esplosione della spesa sanitaria, osserva lo studio del Fondo, riferendosi a tutto il G-7, è quella che finora ha ricevuto minore attenzione. Il rischio di una spirale del debito c'è: in un'ipotesi teorica avanzata dall'Fmi, a politiche invariate la media del debito pubblico del G-7 balzerebbe dal 77% al 200% nel 2030 e al 441% nel 2050.