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Finanza e Mercati In primo piano

Per Strauss-Kahn (Fmi) le regole di Basilea 3 vanno nella giusta direzione ma non bastano. Intervista

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2010 alle ore 17:05.

OSLO - Per il capo del Fondo monetario, le nuove regole di Basilea 3 per il capitale delle banche «vanno nella giusta direzione», ma vanno completate con un rafforzamento della vigilanza, le cui omissioni hanno avuto la loro parte di colpe nella crisi finanziaria globale, e con meccanismi di risoluzione delle crisi bancarie cross-border. Dominique Strauss-Kahn, in un'intervista al Sole 24 Ore, ha anche minimizzato i timori che i nuovi requisiti patrimoniali possano avere un impatto sulla ripresa economica, sulla quale peraltro, secondo il rapporto che l'Fmi presenterà ai ministri finanziari del G-20 alle riunioni di ottobre, si addensano oggi più rischi di un paio di mesi fa.

Il direttore dell'Fmi ha presieduto a Oslo una conferenza su crescita e occupazione, organizzata insieme all'Ilo, l'Organizzazione internazionale del lavoro, scelta non casuale per un potenziale candidato alle elezioni presidenziali francesi che voglia dar lustro alle sue credeziali socialiste. Su Basilea 3, peraltro, Strauss-Kahn si è trovato in linea con il ministro dell'Economia dell'attuale governo conservatore francese, Christine Lagarde, a sua volta presente a Oslo. «L'accordo è positivo - ha detto la signora Lagarde - perché migliora sia la quantità sia la qualità del capitale delle banche, perché il timing dell'introduzione è compatibile con il finanziamento dell'economia e perché dovrebbe creare una regolamentazione uguale per tutti. Spero che le banche si concentrino sui finanziamenti all'economia reale». Per il primo ministro spagnolo José Luis Zapatero, anche lui a Oslo, si è trattato di «decisioni di buon senso».

Signor Strauss-Kahn, in un incontro su crescita e occupazione, molta attenzione viene dedicata alla disponibilità di credito. Da varie parti è stata espressa la preoccupazione che l'accordo sul capitale delle banche appena annunciato possa limitarla e quindi frenare la crescita.
Basilea 3 va nella giusta direzione. C'era un assoluto bisogno di rimodellare le regole del settore finanziario a causa delle pesanti perdite in cui sono incorse le banche nella crisi. Questo al momento è molto più importante di potenziali effetti negativi sulla crescita che potrebbero venire dall'aumento della regolamentazione. Non bisogna dimenticare però che le nuove regole sono solo una parte del lavoro sul settore finanziario, come l'Fmi ha sottolineato più volte fin dal'inizio della crisi. La vigilanza è forse ancora più importante. Si possono avere le regole migliori del mondo per le banche, ma se poi non sono sottoposte a supervisione, sono inutili. L'altro aspetto molto importante è la risoluzione delle crisi delle banche che operano su più mercati. La mia preoccupazione è che abbiamo fatto progressi sul fronte delle regole, il che è senz'altro lodevole, ma c'è ancora molto da fare sulle altre questioni.

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Perché questa enfasi su crescita e occupazione nel lavoro del Fondo, dopo la crisi globale?
E' vero, è la prima volta in oltre sessant'anni che Fmi e Ilo organizzano un lavoro insieme. Ma è importante realizzare che la crisi ha lasciato il mercato del lavoro in condizioni estremamente difficili. Qualcuno pensa che la crisi sia finita. Non è così, e non lo sarà finché non avremo ridotto in maniera sostanziale la disoccupazione. Una jobless recovery, una ripresa senza creazione di posti di lavoro non è una ripresa. Ci dev'essere un nuovo modo di formulare la politica economica, che tenga conto della stabilità macroeconomica e d quella finnziaria, ma anche dell'occupazione. Non è una vittoria, se otteniamo la crescita, ma senza occupazione.

Non c'è il rischio però che la ripresa venga soffocata anche dalle necessità di aggiustamento del debito pubblico, imposte dai mercati finanziari?
Anzi tutto, non sono d'accordo con la premessa che il risanamento si debba fare solo perché imposto dai mercati. C'è un problema di sostenibilità delle finanze pubbliche. I mercati possono dare un'utile misura della disciplina fiscale, ma possono anche sbagliarsi. Detto questo, il Fondo ha contribuito a formare il consenso che nella risposta alla crisi ci volessero degli stimoli fiscali. Ma è una soluzione che ha dei costi e nel medio periodo bisogna risanare le finanze pubbliche. Non tutti i paesi però devono procedere allo stesso modo: c'è chi ha ancora spazio perché il suo debito è basso, c'è chi è oberato da un debito più grande e chi, come la Grecia, si è trovato sull'orlo dell'abisso. Nel medio termine, tutti devono comunque ritrovare la sostenibilità fiscale.

Ma negli Stati Uniti si parla della necessità di un secondo pacchetto di stimolo per evitare una ricaduta nella recessione, quando il debito Usa è già molto alto...
Ogni paese deve continuare a usare i mezzi che ha per evitare questo rischio. Ricordiamoci però che, secondo i nostri calcoli, il debito dei paesi avanzati è aumentato con la crisi dall'80 al 120% del prodotto interno lordo, un incremento enorme, ma che solo un decimo di questo è stato dovuto alle misure di stimolo. Il resto viene soprattutto dagli effetti della recessione sui conti pubblici. Quindi se un'azione di stimolo contribuisce a rilanciare la crescita può servire a ridurre il debito. Nel caso degli Usa, mi sembra troppo presto per dire dove sta andando l'economia, credo che ci voglia un altro paio di trimestri. In ultima analisi, ovunque dovrà essere però la domanda privata a sostituire quella pubblica per creare una ripresa duratura.

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