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Il mercato in ansia sui dividendi bancari, nel medio periodo possibili tagli

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2010 alle ore 20:37.

Le novità sono state approvate ma entreranno in vigore con molta, molta lentezza. Tanto che i titoli bancari, dopo la pubblicazione delle regole di Basilea 3, hanno "festeggiato". Il target minimo di patrimonio complessivo, si sa, è l'8% delle attività ponderate secondo il rischio. Il requisito di patrimonio primario (capitale e riserve) sale al 4,5 per cento mentre il Tier 1 passa dal 4 al 6 per cento. Un stretta patrimoniale che, giocoforza, pone una domanda: cosa succede alla politica dei dividendi dei diretti interessati, cioè delle banche?

Gli operatori, va detto, vanno con i piedi di piombo. «Non vedo grandi movimenti nell'immediato - dice Angelo Drusiani, esperto di banca Albertini Syz -. Comunque, le banche dovranno fare più attenzione alla politica di remunerazione del capitale, in particolare quelle che si sono mostrate più deboli negli stress test». «Ogni istituto è storia a sé - fa da eco Mario Spreafico, direttore investimenti di Schroeder Italia-. Tuttavia è indubbio che, nel medio periodo, alcuni gruppi dovranno ridurre il pay out. Peraltro, ricordo che chi realizzerà un aumento di capitale produrrà, giocoforza, un effetto diluitivo sulla cedola per azione». Più deciso, invece, Massimo Jakelich direttore investimenti di Vontobel: «I requirement di capitale richiesti comporteranno minori disponibilità di allocazione di capitale e minore leva finanziaria per agli attivi. Inoltre, si dovrebbe incrementare anche il capitale non fruttifero in deposito presso la Banca d'Italia. È possibile che tutto ciò comporti una minore redditività con un più basso ammontare dei dividendi da distribuire».

Insomma gli esperti fanno i loro distinguo: nel breve, visto anche il lungo periodo di applicazione delle nuove regole, non ci sono troppe preoccupazioni; ma sul medio periodo la pressione dell'accordo Basilea 3 si farà sentire sui dividendi delle banche, almeno di quelle con la consistenza patrimoniale minore.

Più volatilità sui titoli
«Certo - specifica Spreafico - allo stato attuale non è ancora possibile definire con precisione chi e come sfrutterà la cedola per rientrare nei parametri indicati. Ma la strada, da qualcuno, potrebbe essere intrapresa. Peraltro, c'è da sottolineare un altro aspetto». Vale a dire?«Le nuove norme indirizzano verso una stretta sulla qualità del patrimonio di vigilanza. Il fatto che non si possano più considerare tali le obbligazioni ibride, costringerà le banche a non realizzare più impieghi di questo tipo. Gli istituti si spingeranno verso proodotti più classici, quali per sempio obbligazioni convertibili, che renderanno maggiormente volatili i titoli delle bancari».

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Grandi banche italiane già in linea con Basilea 3. Obiettivi da centrare solo per Mps e Banco Popolare (Foto Marka)

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I bond perpetui
Davide Pasquali
, presidente di Pharus Sicav, dal canto suo ribadisce «la probabilità che Basilea 3 impatta sui dividendi. Ma si tratterà, eventualmente, solo di tagli e non di una totale rinuncia». Ne consegue che ne beneficeranno i bond perpetui. Questi strumenti, infatti, prevedono il pagamento delle cedole anche qualora l'istituto decida di tagliare la cedola ordinaria. Mentre non pagano cedole solo se l'istituto rinuncia al dividendo annuo. «Ebbene - continua Pasquali - dato che gli accordi di Basilea 3 rimandano al 2019 la deadline per i nuovi vincoli patrimoniali e allontanano di conseguenza l'ipotesi di una rinuncia totale alla cedole, la politica di distribuzione sui bond perpetui non dovrebbe risentirne. A mio avviso questi strumenti, in virtù degli accordi di Basilea 3, potranno continuare nei prossimi anni a staccare le cedole. Cedole che arrivano, come nei casi di Intesa Sanpaolo, UniCredit e Banca popolare di Milano, anche all'8-9% annuo».

Equilibrismo tra ricapitalizzazione e cedola
Al di là del tema degli ibridi, c'è chi pone l'accento su un altro aspetto legato alla particolarità dell'azionariato delle banche in Italia. «A ben vedere - dice Carlo Gentili, fondatore di Nextam partners - chi ha maggiori problemi sul fronte patrimoniale deve pensare alla ricapitalizzazione. Qui, però, entrano in gioco gli azionisti, tra cui le fondazioni. È noto che queste ultime, da una parte, non vogliono sentire parlare di riduzione della cedola; dall'altra, non vogliono vedersi diluite». Le fondazioni, infatti, sono il mezzo con cui la politica riesce a tenere un piede ben saldo dentro i gruppi bancari. «Così - dice Gentili- , assisteremo ad un gioco di equilibrismo tra la politica di remunerazione del capitale e le future ricapitalizzazioni».

Qualche numero?
Questi gli scenari di fondo. Ma quali, a dar retta agli esperti, le possibili variazioni sulle cedole. Secondo il database di Factset, società specializzata in analisi finanziarie, gli analisti di Deutsche Bank in data 13 settembre, cioè all'indomani dell'accordo di Basilea III, hanno rivisto al ribasso le loro aspettative sui dividendi di due istituti di credito italiani. La cedola di Banco popolare dovrebbe attestarsi a 10 centesimi, l'1,37% in meno rispetto alle precedenti stime degli analisti della banca tedesca. È stata leggermente toccata al ribasso anche la stima sulla cedola di Intesa Sanpaolo, attesa a 11 centesimi. Secondo gli analisti di Bloomberg, infine, Mps e Banco popolare manterranno anche per il prossimo anno dividendi decisamente bassi (rispettivamente 0,014 euro e 0,099 euro).

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