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UniCredit sceglie il manager del dopo-Profumo: è Ghizzoni il candidato numero uno

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 07:49.

Federico Ghizzoni è il candidato numero uno alla carica di chief executive officer di UniCredit Group. La proposta della sua nomina, a meno di sorprese dell'ultima ora, sarà effettuata oggi dal presidente Dieter Rampl al consiglio di amministrazione che si riunirà a Varsavia dove UniCredit controlla Bank Pekao, prima banca della Polonia.

La scelta di Ghizzoni è il frutto di una serie di consultazioni tra i grandi soci, dalle Fondazioni ai tedeschi, che – secondo indiscrezioni – sarebbe già passata due giorni fa dal comitato governance e nomine della banca. Un'indicazione tenuta riservata, con successo, fino all'ultimo giorno. Frutto di un complesso lavoro sulla governance, oggetto di un comitato avvenuto nel week end, che ha portato alla decisione di rivedere le deleghe rispetto all'era del ceo Alessandro Profumo, "spacchettandole" tra un ceo con compiti strategici e uno o due direttori generali con deleghe gestionali.

L'indicazione che arriva da Varsavia, dove già da ieri pomeriggio si trovano consiglieri e top management, è che oggi il board si limiterà a nominare il nuovo chief executive officer. Rinviando, forse non solo per questioni di forma, la scelta del (o dei) direttori generali di qualche settimana in modo che sia Ghizzoni, d'intesa col board, a nominare come logico la squadra dei suoi collaboratori di vertice.

A fine serata, dal team di vertice arrivavano segnali di coesione: il team resterrà intatto, senza defezioni. Anche se, ovviamente, c'è grande attesa e tensione all'interno del gruppo per capire come saranno ripartite compiti e deleghe tra gli altri tre deputy ceo: Roberto Nicastro (retail), Sergio Ermotti (corporate e investment banking), Paolo Fiorentino (global services).

Archiviata l'ipotesi di un ticket basata sull'esterno Andrea Orcel (Bofa-Merrill Lynch) e un direttore generale interno, Rampl e i componenti del comitato nomine (Luigi Castelletti, Fabrizio Palenzona, Vincenzo Calandra Bonaura, Francesco Giacomin e Luigi Maramotti) hanno puntato direttamente sulla soluzione tutta interna. Con Ghizzoni, stando a quanto ricostruito ieri sera presso le Fondazioni, come il principale candidato per la guida della banca.

Ma l'idea del board, che ha divorziato da Profumo per «un eccesso di autonomia» dell'ex ceo, ora è quella di puntare su un pieno coinvolgimento del team di vertice. E di fare squadra. Anche perchè il gruppo, alle prese con la coda della crisi che ha investito tutto il sistema bancario internazionale, è alla viglia di scadenze impegnative. La più immediata è il varo del progetto "banca unica" che, dal 1° novembre, porterà alla fusione nella holding di sette controllate retail. Un processo di riorganizzazione tuttaltro che semplice e destinato, nelle intenzioni, a recuperare la piena funzionalità della banca sul territorio con nuovi presidi organizzativi. L'Italia rappresenta tuttora circa il 50% delle attività di UniCredit. Ma nel 2009 gli utili erano arrivati per oltre il 90% dall'estero, con forti contributi dalle banche del Centro Est Europa (in particolare Russia e Turchia) guidate da Ghizzoni. Ed è probabilmente anche in virtù di questo track record che il 55enne manager piacentino avrebbe attirato le preferenze dei grandi azionisti e dei membri del board.

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Tags Correlati: Banca d'Italia | Bank Pekao | Fabrizio Palenzona | Federico Ghizzoni | Francesco Giacomin | Luigi Castelletti | Luigi Maramotti | Management | Paolo Fiorentino | Polonia | Vincenzo Calandra Bonaura

 

All'esame del consiglio di amministrazione di UniCredit di oggi c'è anche la risposta formale da dare alla Vigilanza della Banca d'Italia, che aveva chiesto chiarimenti su eventuali ripercussioni nella governance del gruppo dell'ascesa nel capitale da parte dei soci libici. Il tema, di gran clamore fino all'uscita di Profumo dal gruppo, pare essere meno di attualità. E tuttavia oggi il board dovrà prendere posizione, decidendo se congelare o meno i diritti di voto eccedenti il 5% dei libici (che hanno il 7,5% tra Central Bank of Lybia e Lybian Authority Investment).

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