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Il futuro di UniCredit secondo Ghizzoni e Rampl. Cessioni all'Est, ma la banca resterà paneuropea

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2010 alle ore 09:54.

«UniCredit resterà una banca paneuropea e siamo pronti a crescere in alcune aree dell'Est. Ma credo si imponga una rivisitazione del perimetro delle attività, anche perché Basilea 3 ci impone di ottimizzare l'allocazione del capitale. Nei Paesi baltici, per esempio, siamo presenti con tre banche che hanno una quota di mercato dell'1%. È un'area sulla quale ha senso fare una riflessione. Ma a livello strategico non vi saranno rivoluzioni rispetto all'era Profumo».

Federico Ghizzoni, piacentino, 55 anni di cui oltre 15 trascorsi all'estero, è da 24 ore il nuovo amministratore delegato di UniCredit Group. Al termine di una lunga giornata di incontri con il management e con la stampa, concede la sua prima intervista da ceo. Seduto accanto al presidente Dieter Rampl negli uffici di Piazza Cordusio, non nasconde l'emozione e l'orgoglio del bancario che è diventato banchiere. «La prima chiamata che ho fatto dopo la nomina è stata ad Alessandro Profumo, che ha costruito questo gruppo». In mattinata ha ricevuto gli auguri del Premier Silvio Berlusconi. E insieme a Rampl è stato in contatto con Bankitalia e Ministero dell'Economia, dove nei prossimi giorni andrà a presentare le "credenziali". L'inizio della conversazione, malgrado la riservatezza cui l'intero board deve attenersi, non può che partire dall'uscita di Profumo.

Presidente Rampl, quale è stata la vera motivazione della sfiducia a Profumo?
RAMPL. I giorni dell'uscita di Profumo sono stati tra i più pesanti della mia vita. Capisco le vostre curiosità, ma non posso e non voglio dire molto di più. Profumo ha costruito questa banca. E durante la crisi siamo andati avanti insieme, difendendone l'indipendenza. Ma poi ci sono state diverse tensioni tra il board e Profumo. Diciamo: problemi di governance, di rispetto dei ruoli. La priorità del board non poteva che essere la banca, non le singole persone. Diciamo che, dopo quindici anni di apprezzato lavoro al vertice, forse era arrivato il tempo di cambiare.

Scusi ma insistiamo: è vero che ha pesato anche l'ipotesi di vendita del Mediocredito Centrale alle Poste e alle cooperative, necessario al Governo per creare la Banca del Sud? E la cessione andrà avanti o si è fermata?

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Il blitz senza risposta e la consegna del silenzio

Nel dopo Profumo non cambierà niente in UniCredit. Confermata la presenza in Italia e all'estero.

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GHIZZONI. Il dossier Mcc l'ho ereditato e posso rispondere su quello che faremo d'ora in poi. Per noi Mcc non è un asset strategico, quel business può essere fatto da altre società del gruppo. Le trattative, dunque, vanno avanti. L'eventuale cessione dipenderà anche dal prezzo.

Due anni fa, parlando di Profumo, il presidente Rampl disse: "He is the bank". Adesso "who is the bank"? Lei, presidente? O il ceo Ghizzoni? O il board?
RAMPL. Esistono figure particolari di banchieri che hanno costruito una banca. Ma in un grande gruppo internazionale con 165mila dipendenti, esiste una prima linea di top management. Sarebbe sbagliato pensare a una persona. Il Santander, per fare un esempio, non è rappresentato solo da Emilio Botin ma da un grandissimo management internazionale. Lo stesso vale per UniCredit.
GHIZZONI. Su questo punto vorrei che venisse riconosciuto a Profumo il grande merito di aver creato un forte team che ha lavorato insieme a lui.

Però in prima battuta, la ricerca era stata condotta anche all'esterno. Tanto che avevate tentato di "ingaggiare" Andrea Orcel di Bofa-Merrill Lynch, un investment banker dal profilo completamente diverso rispetto a Ghizzoni. Come lo spiega?
RAMPL. Quando un grande gruppo deve nominare un nuovo chief executive officer, ha l'obbligo di valutare tutte le opzioni. Abbiamo contattato Orcel, che stimiamo. E poi abbiamo valutato i diversi profili con i membri del board, a partire da quelli del comitato nomine. La scelta unanime è stata Ghizzoni, che a nostro giudizio ha tutte le qualità per guidare la banca con indipendenza nei prossimi anni.

Le Fondazioni, come ha sostenuto il presidente delle Generali Cesare Geronzi, sono state decisive nell'allontanamento di Profumo? E quanto ha pesato la politica in queste scelte?
RAMPL. La politica non ha avuto alcun ruolo. E le Fondazioni sono azionisti con gli stessi diritti di tutti gli altri. Vorrei ricordare che abbiamo il board più internazionale tra le società italiane. E il gruppo ha uno standing internazionale.

Veniamo al resto dell'azionariato. Ha fatto molto discutere l'avanzata dei soci libici, ora al 7,5%, che si aggiunge al fondo di Abu Dhabi che ha il 4,9%. Senza contare la forte presenza nel board di consiglieri tedeschi, che non trova corrispondenza in un proporzionale peso nell'azionariato. Sarà un UniCredit sempre meno italiano?
GHIZZONI. Sul tema dei libici, il presidente Rampl e il board hanno già detto di avere bisogno di ulteriore documentazione per valutare l'indipendenza dei due veicoli d'investimento. In generale, posso dire che ogni grande banca ha bisogno di investitori stabili e di lungo periodo. E sia l'arrivo dei libici che di Abu Dhabi va in questa direzione.
RAMPL. La presenza nel board di consiglieri tedeschi deriva dagli accordi di fusione tra UniCredit e Hvb, che ora sono scaduti. Il consiglio è stato comunque eletto per tre anni nell'assemblea del 2009. Nel nostro capitale, è presente Allianz con più del 2%. ma anche, con una quota minore la AVZ Fondazione di Vienna, ex azionista di Bank Austria. Ricordo che l'ex-ministro delle Finanze tedesco Theodore Waigel rappresenta gli investitori istituzionali ed è stato indicato per il board da Assogestioni.

Veniamo al team di vertice. Chi sarà il nuovo direttore generale?
GHIZZONI. Io ho già le idee molto chiare su come riorganizzare le deleghe. Ma sono stato nominato da 24 ore, datemi qualche giorno di tempo per parlare con i manager interessati. Sono convinto che ci sia spazio per tutti.

Quali sono le sue priorità nell'agenda?
GHIZZONI. Nel breve periodo, oltre alla definizione del team di vertice, penserò a continuare i progetti in corso. In Italia è prioritario il varo del progetto banca unica. Per noi è una sfida essenziale perché ci riavvicineremo al territorio. E non è uno slogan, ma un grande progetto organizzativo che, di fatto, per come è stato impostato, porterà alla creazione di 100 banche locali. Con un forte decentramento nel processo di erogazione del credito.

L'Italia pesa per circa il 50% dell'attivo, ma nel 2009 ha contribuito solo per il 5-10% all'utile. Esistono problemi specifici? Quanto ha pesato la coda dell'acquisizione di Capitalia?
GHIZZONI. L'operazione Capitalia ha portato più vantaggi che svantaggi. Grazie alla fusione, abbiamo ottenuto importanti sinergie di costo. No, i problemi sono altri. Alcuni di sistema Paese, penso alla scarsa capitalizzazione delle imprese rispetto alla Germania. O ai diversi tassi di crescita dell'economia. A questo, bisogna aggiungere che con l'attuale livello dei tassi d'interesse, guadagnare nel retail è difficile per tutti.
L'impressione, però, è che UniCredit abbia problemi propri. Anche a livello commerciale...
Non ci nascondiamo le difficoltà. Altrimenti non avremmo varato un grande progetto come la "banca unica". Abbiamo le risorse per rilanciarci anche in Italia. Nel frattempo andiamo avanti con la riorganizzazione della rete. Abbiamo chiuso 600 filiali. E continuiamo ad avere un forte focus sui costi.

E all'estero? Quanto c'è di vero sulle ipotesi di spin-off delle attività in Germania che potrebbero tornare in mano a investitori tedeschi?
RAMPL. È una ipotesi a cui assolutamente non ha mai pensato nessuno.

E nel Centro Est Europa?
GHIZZONI. Le ho già detto che da alcune aree, come i Paesi baltici, possiamo uscire. Valuteremo questa opzione anche in altre aree dove siamo presenti con quote di mercato non rilevanti. In altri Paesi, come la Slovenia dove siamo la settima banca del Paese, ci concentreremo molto più sul corporate che sul retail. In Polonia e Turchia invece puntiamo a crescere ancora. Si tratta di Paesi, soprattutto la Turchia, assimilabili ai Bric. In un Paese con 75milioni di abitanti e con tassi di crescita dell'economia del 10%, abbiamo una banca leader con 950 filiali. Investiremo ancora.

È stato uno sbaglio comprare la banca in Kazhakistan nel 2007? Si dice che sia uno degli errori che vengono imputati a Profumo. La banca è in vendita?
GHIZZONI. A posteriori, l'investimento non è stato profittevole. Ma all'epoca c'erano tutte le condizioni per farlo. Si tratta di un Paese che ha grandi risorse naturali e grandi potenzialità, dove sono presenti molte altre banche dell'Occidente. Per il momento, lavoriamo per ristrutturala e riportarla in utile. Certo, non è il momento adatto per venderla.

A proposito di cessioni, la quota in Mediobanca può essere messa in vendita? E quanto c'è di vero nelle ipotesi di merger con UniCredit?
RAMPL. Abbiamo detto più volte che la partecipazione è strategica. Oltretutto, venderla a questi prezzi non avrebbe alcun senso. Una fusione tra UniCredit e Mediobanca? Fatico a capire quale beneficio ci sarebbe.

Tema Basilea 3. Ubs ha appena annunciato che potrebbe non distribuire dividendi agli azionisti per accumulare capitale. È un'ipotesi che anche UniCredit sta valutando?
GHIZZONI. Assolutamente no. Noi crediamo di avere capitale sufficiente per affrontare le nuove regole di Basilea 3 senza rinunciare al dividendo. Naturalmente, siamo consapevoli di dover lavorare per ottimizzare l'allocazione del capitale. E sarà necessario rivedere il business model di alcune attività. Certo, le banche europee sono penalizzate rispetto a quelle americane a causa delle autonomie regolamentari dei diversi Paesi. In Polonia, per esempio, abbiamo un Core Tier 1 del 18%, in Croazia del 20%. Ma il patrimonio in eccesso non è facilmente trasferibile.

Ghizzoni e la politica. Finora ha lavorato all'estero, dove però coordinava 19 banche in 16 Paesi diversi. Che rapporti aveva con i Governi?
Quando da "straniero" operi in un Paese, devi cercare di essere percepito come locale. Io, per esempio, durante la crisi, ho sempre dato direttive di sostenere le economie e le aziende. Ma ovviamente la politica non deve mai interferire in una banca privata. Io finora non ho avuto problemi di sorta.

Una curiosità finale, e molto italiana, ancora per Ghizzoni. Anche lei, come Profumo, era andato a votare per le primarie del Partito Democratico?
(sorridendo...). Sa che non ricordo?

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