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Finanza e Mercati In primo piano

La guerra delle valute. Perché le banche centrali sono intrappolate dai deficit pubblici e dai tassi azzerati

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2010 alle ore 08:26.

Oro alle stelle. Super-euro. Super-yen. Mini-dollaro. E poi ci sono Timoty Geithner (segretario al Tesoro degli Stati Uniti) e Wen Jabao (premier della Cina) che si schiaffeggiano a distanza sulla guerra delle valute e sullo yuan sottovalutato. Dopo un'estate in sordina i mercati finanziari sono tornati a ballare la rumba. Con una finanza in cui i record non fanno più notizia, c'è anche chi evoca lo spettro di una nuova crisi subprime o teme che qualche altra fastidiosa bolla possa scoppiare da un momento all'altro.

La strana coincidenza? Anche prima dello scoppio della crisi(agosto 2007) oro ed euro avevano iniziato a correre (si veda grafico), a braccetto. Complice la debolezza del dollaro e l'aumento dell'avversione al rischio degli investitori. «Ma questa volta è un'altra storia. Non c'è una nuova bolla in arrivo. Ci sono tante mini-bolle che si gonfiano e si sgonfiano velocemente. Creando disordine sui mercati finanziari». Parola di Franco Bruni, docente ordinario all'Università Bocconi di Teoria e politica monetaria internazionale, considerato uno dei massimi esperti nel settore.

Non c'è quindi una relazione tra il 2007 e quello che sta succedendo oggi?
Eravamo in un momento diverso, in cui l'economia girava. Adesso ci troviamo in una fase ancora più delicata. L'unico elemento in comune con quel periodo è l'eccesso di liquidità. Con la differenza, però, che prima la liquidità si trasformava in credito mentre ora viene scaricata in modo semplicistico su speculazione, oro e valute.

Ne consegue che l'attuale guerra delle valute e la corsa all'oro è frutto di speculazione?
C'è un grande disordine, che è il risultato di politiche monetarie profondamente sbagliate. Le banche centrali non hanno deciso per tempo di rivedere questo livello di tassi di interesse e adesso ne paghiamo le conseguenze. Invece di alzare i tassi le banche centrali stanno facendo a gara a chi attua la politica più espansiva.

Si riferisce al fatto che la Banca del Giappone ha azzerato in settimana i tassi mentre si vocifera che la Fed possa adottare nuove misure di quantitave easing?
Sta accadendo il contrario di quello che dovrebbe accadere. Il Fondo monetario va per conto suo e non svolge la funzione di coordinamento per le altre banche centrali.

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Come usciremo da questo stato confusionale?
Ci sarà disordine fino a quando non si deciderà di dare una prospettiva di normalizzazione all'offerta di credito e ai tassi di interesse. Le banche centrali dovrebbero coordinarsi e concordare congiuntamente un graduale innalzamento dei tassi di interesse. O perlomeno dovrebbero lasciare intendere ai mercati un'intenzione corale e coordinata in questa direzione.

Di quanto dovrebbero salire i tassi?
Dato che oggi sono praticamente a 0 basterebbe portarli anche al 2-3 per cento. E già sarebbe qualcosa.

E ritiene che un'azione coordinata verso il rialzo dei tassi sia all'orizzonte?
Purtroppo sono pessimista. Anche dai settori pubblici arriva una pressione contraria. Hanno, infatti, un gran bisogno di liquidità per finanziare i forti disavanzi: basti vedere il deficit pubblico degli Stati Uniti nell'ultimo anno. Dal settore pubblico, pertanto, non arriva alcuna spinta ad alzare i tassi. In questa fase, allora, le banche centrali sono intrappolate: non riescono né ad alzare né ad abbassare il costo del danaro.

È la stessa trappola della liquidità in cui è caduto il Giappone negli anni '90 dopo il collasso del sistema finanziario?
Si tratta di due momenti storici ben distinti e non paragonabili per certi versi. Certo è che in questo momento anche l'Occidente si trova ad affrontare un serio problema di liquidità. Che non va certo affrontato sostenendo l'inflazione, come sostiene qualche idiota. Perché nel momento in cui salgono, le aspettative di inflazione non le ferma più nessuno.

La scorsa settimana le banche europee, a fronte di restituzioni per 225 miliardi di prestiti della Bce in scadenza hanno ripreso in prestito fondi per 133 miliardi. Questa minore liquidità ha determinato un aumento dei tassi interbancari. Come giudica questa dinamica?
Il mercato interbancario ha ripreso a funzionare in modo più corretto. Ma è anche il segnale che le banche sono estremamente prudenti in questa fase e questo, mi auguro, che non si traduca in un ulteriore segnale allarmante per quelle imprese che, non ricevendo più prestiti, rischiano di pagare caro questo atteggiamento guardingo.

Ieri la Banca centrale europea ha mantenuto per il 17esimo mese consecutivo il tasso di riferimento all'1% sostenendo che è una soglia adeguata. Fa bene?
A differenza delle altre banche centrali, quella guidata da Trichet sta assumendo un atteggiamento più prudente. Ed è anche per questo motivo, non solo per la debolezza del dollaro, che l'euro si sta rafforzando nei confronti del biglietto verde. Però la Banca centrale europea potrebbe fare molto di più. Dovrebbe gridare al Fondo monetario internazionale e al summit in corso in questi giorni a Washington che in questo modo non si va da nessuna parte. Dovrebbe dare un messaggio chiaro, d'allarme, che la strada per uscire da questa crisi è quella di una lenta e graduale normalizzazione dei tassi di interesse.

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