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Finanza e Mercati In primo piano

Il mal di pancia delle banche con 347 miliardi di asset tossici a livello globale

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2010 alle ore 19:26.

Che la notte buia della più grave crisi finanziaria del dopoguerra si stia rischiarando nessuno ha dubbi. Ma da qui a pensare che la crisi debba essere archiviata ce ne corre. Dopo il fallimento di Lehman Brothers il cordone di aiuti pubblici ha evitato la catastrofe, ma bastano le cifre in campo per dire quanto la crisi sia stata e in parte sia ancora grave.

L'ultimo dato reso pubblico è del Fondo monetario internazionale che ha stimato in 2.200 miliardi di dollari le perdite delle banche a livello globale nel periodo dal 2007 al 2010. Una cifra impressionante pari al prodotto interno lordo di un grande paese dell'area euro. Soldi andati in fumo nella più grande follia finanziaria degli ultimi decenni. Le banche si stanno lentamente riprendendo, sono tornate in generale a fare utili, ma restano sorvegliati speciali. E ci sono scorie nei bilanci degli istituti di credito che vanno ancora smaltite. Queste scorie, che i più smaliziati chiamano tossiche, sono le attività illiquide: prodotti strutturati, cdo, derivati di ogni tipo che non hanno un prezzo di mercato. Potrebbero valere 100 come 50 o zero. E sono lì congelate per ora nei conti delle banche.

Asset tossici al 4% in Europ.a. Solo tra le principali banche europee, come mostra un'accurata analisi di R&S Mediobanca, il peso degli attivi illiquidi (che devono essere classificati a livello 3 nella griglia contabile) superava di poco i 347 miliardi di euro.
Una cifra che vale oltre il 4% di tutte le attività regolate a prezzi di mercato. Certo il dato è in forte diminuzione rispetto all'anno clou della crisi, il 2008, quando gli asset tossici in Europa sfioravano i 440 miliardi. Un calo significativo ma resta una montagna di prodotti dal valore non definito tra le pieghe dei bilanci bancari.

...e al 52% del capitale. Il dato preoccupante è che quei 347 miliardi di euro valgono da soli il 52% del patrimonio netto tangibile delle banche esaminate. Che vuol dire tutto ciò? Che c'è solo da sperare sia da parte dei regolatori che da parte dei grandi banchieri che quelle scorie tossiche trovino prima o poi un prezzo il più possibile vicino ai valori di carico.

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E qui c'entra la dinamica dei mercati: se borse, bond e collaterali continueranno a riprendere quota allora quei prodotti tossichi non saranno più tali.

Altrimenti, e qui è la preoccupazione, quel peso così elevato sul capitale rischia di essere una pericolosissima spada di Damocle sospesa sulla testa degli istituti.
Se quelle attività si svalutassero anche solo di un 10%, impatterebbero pesantemente sul valore del patrimonio. E come tutti sanno il grande sforzo richiesto alle banche (leggi Basilea3) è appunto quello di rinvigorire il proprio capitale. Ma cosa emerge da questo spaccato e che la media rende poco rivelatrice? Che ci sono evidentemente banche che poco o nulla hanno da temere e istituti in cui rischi futuri di svalutazioni avrebbero seri effetti.

I rischi di Dexia e Deutsche B.Tra queste ultime spicca Dexia con i suoi 58 miliardi di euro di attivi che a fine 2009 erano classificati dalla banca stessa come illiquidi. Quei 58 miliardi valgono il 38% di tutte le attività a fair value della banca franco-belga. E addirittura sei volte il valore del capitala netto. Anche Deutsche Bank che ha appena ricapitalizzato per 10 miliardi aveva in pancia asset tossici per la stessa cifra cioé 58 miliardi, valore che si è confermato anche a fine giugno 2010. L'attivo è ben più elevato e l'incidenza era al 5,9%, ma sul capitale netto tangibile pre-aumento il dato valeva oltre due volte.

In generale, e come è ovvio, sono le grandi banche d'affari del Nord Europa ad avere in pancia prodotti strutturati e derivati tossici. È in fondo il loro mestiere, quello di assumersi più rischio e quegli asset tossici sono lì a provarlo. Credit Suisse aveva a fine 2009 l'8% (32 miliardi di euro) di prodotti illiquidi. Secondo la banca a fine 2010 il peso dovrebbe dimezzarsi al 4%. Anche così comunque quella quota continuerà a valere oltre la metà del capitale netto della banca.Hanno pesi elevati sul capitale, istituti come Barclays, Bnp Paribas e Credit Agricole.

Italiane sotto controllo. Il sistema italiano con i suoi 14 miliardi di attivi illiquidi nel 2009 si mostra poco esposto. Certo la dinamica non è incoraggiante dato che a fine giugno 2010 gli asset tossici erano in realtà saliti a quota 16 miliardi. Spiccano però le anomalie della Popolare di Milano che ha, a fine giugno, ancora 973 milioni (era un miliardo a fine 2009) di attività a livello 3 su un attivo a fair value di 10 miliardi (erano solo 4 miliardi a fine 2009) e della Popolare dell'Emilia con 525 milioni (su 4,5 miliardi) di prodotti senza un prezzo di mercato.

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