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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2010 alle ore 21:30.
Sei mutui su dieci negli Stati Uniti sono a rischio. Non si tratta, però, del rischio di insolvenza, tipico in materia di prestiti ipotecari. Ma del rischio, tutto per le banche, che i mutuatari possano smettere di rimborsare il mutuo da un giorno all'altro senza che gli istituti di credito abbiano qualcosa a pretendere. Oppure possano vendere l'immobile senza addossare al nuovo compratore l'ipoteca iniziale. Questo perché c'è il sospetto che il sistema utilizzato per la registrazione dei mutui (e per le relative cartolarizzazioni) possa trasformarsi in un castello di sabbia.
È lo strano caso dei "mutui-non mutui", recentemente sollevato da due professori universitari, Christopher L. Peterson dell'Università dello Utah e Adam Levitin di Georgetown, rilanciato da un articolo del New York Times. Un caso da non sottovalutare perché rischia di avere ripercussioni sui bilanci delle banche di Wall Street i cui titoli la scorsa settimana, quando i rumor si sono intensificati, hanno, forse non a caso, zoppicato.
Ma a rinfocolare il caso dei "mutui fantasma" e dei pericoli annessi sul sistema finanziario americano è stata soprattutto la decisione di un giudice dell'Oregon che a inizio mese ha inibito Bank of America dal pignorare un immobile a un mutuatario insolvente. Il motivo? Secondo il giudice Garr M.King le leggi dello Stato dell'Oregon Bank l'ipoteca vantata da Bank of America nel caso specifico non esiste. O meglio, è impossibile risalirvi. Perché mancano i documenti che provano l'identità del proprietario che reclama il diritto di riavere il bene, cioè la banca. Questa decisione rischia di creare un pericoloso precedente che, qualora fosse replicato sulle migliaia di cause legali pendenti relative ai pignoramenti immobiliari negli Stati Uniti, potrebbe avere ripercussioni pesanti sui bilanci degli istituti di credito.
Come mai? Il caso dei mutui fantasma si infittisce. Per provare a capire se le banche americane rischiano di incappare in una nuova crisi subprime bisogna risalire a una società nata una decina d'anni fa. Si tratta della Mers, che sta per Mortgage electronic registration systems, ovvero sistema elettronico di registrazione dei mutui. Questa società, allocata nel Delaware (uno stato americano non distante da Washington D.C. conosciuto per leggi fiscali agevoli) dichiara di detenere un pacchetto di crediti che comprende il 60% dei mutui in essere negli Stati Uniti. La società - di cui Jp Morgan è uno dei principali azionisti - è stata creata per catalogare in un database ogni singolo mutuo concesso negli Stati Uniti. Per facilitare, quindi, il processo di cartolarizzazione dei mutui e di scambi di crediti e per consentire ai prestatori di evitare di pagare tasse di iscrizione alle contee ogni volta che l'ipoteca passi di mano. Insomma, è nata per per alleggerire il carico di lavoro nel processo di cartolarizzazione e far risparmiare un po' di tasse.