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Basilea III taglia i dividendi alle banche italiane, scrive il Financial Times

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2010 alle ore 13:52.

Le grandi banche italiane si preparano a un taglio secco dei dividendi: lo scrive il Financial Times, spiegando che contano così di conformarsi alle nuove regole di Basilea III evitando di ricorrere a nuovi aumenti di capitale, come invece cominciano a fare altre banche europee. Le banche italiane sono "alle corde", recita un altro titolo del Ft.
"Nonostante siano tra le banche europee con la più debole capitalizzazione, Unicredit, Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi sono adamantine nel dire che non lanceranno nuove emissioni riservate agli azionisti per adeguarsi ai nuovi standard globali sul capitale".

Il Ft cita alcuni dirigenti bancari: "La politica dei dividendi sarà il vero punto di decisione e flessibilità"; "Per rafforzare il capitale, è perfettamente possibile che si dimezzi lo storico rapporto utili-dividendi". Storicamente, ricorda il Ft, le banche italiane distribuiscono quasi la metà degli utili netti in dividendi. Ma questa tradizione viene messa in dubbio dalla decisione del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria di innalzare il livello minimo patrimoniale Core Tier 1 dal 2 al 7% entro il 2019.


"Tagliare i dividendi", osserva l'articolo di Patrick Jenkins e Rachel Sanderson, sarà "politicamente sensibile" in Italia, dove le fondazioni bancarie provinciali continuano ad avere grosse partecipazioni "anche nelle banche più grandi". Le fondazioni fanno affidamento sul payout dei dividendi per finanziare iniziative sociali. Nonostante il lungo periodo di transizione per adeguarsi alle nuove regole di Basilea III, nota ancora il Ft, "molte banche sono convinte che i mercati favoriranno gli istituti che si adeguano presto ai nuovi requisiti, spingendole a considerare come possono aumentare il capitale rapidamente".


"Le banche italiane – scrive il quotidiano - pensano di potersi conformare entro il 2013, sia con il rapporto patrimoniale del 7% di Basilea III sia con il "cuscinetto sistemico" del 2% in più per le grandi banche, in larga parte tagliando i dividendi". Unicredit, che a fine giugno aveva un Core Tier 1 dell'8,3%, nota il Ft, potrebbe scendere sotto l'8% per effetto della definizione più stringente di core capital e della più severa ponderazione dei rischi. Intesa, aggiunge, sta per annunciare che il Core Tier 1 dal 7,9% scenderà al di sotto del 7%. Monte dei Paschi ha escluso pubblicamente emissioni azionarie e, secondo fonti vicine alla banca, "prenderà in considerazione tagli ai dividendi come un mezzo chiave per ricostruire il capitale".

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Tags Correlati: Banca del Monte dei Paschi di Siena | Capitale sociale | Comitato di Basilea | Intesa Sanpaolo | JPMorgan Chase | Martingale Risk Italia | Mediobanca | Patrick Jenkins | Rachel Sanderson | Rimini | Wsj

 


Nell'altro articolo ("Banche italiane alle corde dopo Basilea III"), il Ft approfondisce la situazione: le banche italiane sono sottocapitalizzate, hanno bisogno di rafforzare il patrimonio e i mercati premono perché mostrino come faranno a rispettare i nuovi requisiti.
Anche se durante la crisi finanziaria gli istituti italiani se la sono cavata meglio dei loro pari in Europa e negli Usa, adesso,mentre gli altri gradualmente recuperano la loro valutazione di mercato, "l'Italia rimane indietro". Secondo un analista americano, le quotazioni delle banche italiane viaggiano al 20% al di sotto del loro valore patrimoniale.


Il Financial Times ha anche un titolo a parte su Mediobanca. La banca d'investimento, che negli ultimi anni ha cercato di diversificarsi con il retail e l'espansione all'estero, ha un Core Tier 1 dell'11%. Le fonti interpellate dal Ft dicono che Basilea III non pone problemi per Mediobanca, tuttavia, "se dovesse fare acquisizioni, il che rimane una possibilità specie nel settore credito al consumo, la banca si muoverebbe per rafforzare il patrimonio di base, se fosse percepito come meno solido".


Unicredit è alla ribalta della stampa internazionale anche per il contenzioso sui derivati. Il Wall Street Journal dà notizia della sentenza del tribunale di Rimini contro il gruppo bancario. Il tribunale ha annullato una serie di contratti sui derivati stipulati tra Unicredit e il Comune di Rimini. Si tratta di tre "interest rate swap" firmati tra il 2001 e il 2003. Risultato: la banca dovrà restituire alla città 652mila euro più gli interessi. E' la prima volta, secondo il Comune di Rimini, in cui un ente locale ha la meglio nel contenzioso sui derivati. "Il possibile precedente è una preoccupazione - nota il Wsj - poiché i governi cittadini e regionali italiani hanno circa 35 miliardi di euro in accordi del genere, un terzo del loro debito pubblico totale". La sentenza – precisa il WSJ - si è basata su un "aspetto meramente formale" e non ha accolto le domande del Comune di Rimini sulle presunte "gravi irregolarità"; inoltre, la compensazione economica è "di gran lunga inferiore" a quanto richiesto e non include il risarcimento danni, secondo quanto riferito da una persona vicina alla banca. I contratti esistenti, stipulati da oltre 500 enti locali, rappresentano un rischio di esposizione netta di 105 miliardi di euro, secondo un'analisi di Martingale Risk Italia citata dal settimanale Il Mondo. Il caso più eclatante è quello del Comune di Milano, che ha denunciato per frode Ubs, Deutsche Bank e JP Morgan Chase per avere organizzato un "interest rate swap" di 1,7 miliardi di euro.

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