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I rischi sui crediti alle Pmi punto debole delle banche italiane, dice Moody's. Promosse Intesa e UniCredit

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2010 alle ore 14:12.

Scarsa redditività, alti costi e bassa qualità dei crediti. Sono questi i principali punti deboli del sistema bancario italiano le cui prospettive, secondo Moody's, «restano negative». Il livello di capitalizzazione tuttavia - spiegano Henry MacNevin e Carlo Gori, gli analisti che hanno curato il report - resta mediamente sotto controllo anche se «occorrerebbe analizzare caso per caso».

Un giudizio meno drastico di quello espresso dal Financial Times, che in un recente articolo ha scritto che le banche italiane dovranno tagliare i dividendi per prepararsi alla graduale entrata in vigore delle regole di Basilea 3, l'accordo che ha imposto nuovi e più stringenti requisiti patrimoniali al settore del credito.

Il problema per Moody's sono principalmente i crediti alle piccole e medie imprese, i cui problemi di competitività e di basse esportazioni, si traducono in difficoltà a rimborsare i debiti. Alla fine del giugno scorso, i tredici principali istituti di Piazza Affari vantavano, al netto delle rettifiche, 90,138 miliardi di crediti deteriorati, un anno prima erano 65,5 miliardi.

L'alto livello di crediti a rischio significa aumento degli accantonamenti, cioè aumento del costo del credito. Stando ai dati Bankitalia, nel 2009 questo ha pesato per circa il 60% sui profitti, al netto di accantonamenti e tasse (erano al 48% nel 2008). «Il costo del credito toccherà il suo picco nel 2010 per scendere solo nel 2011» stima Carlo Gori.

A questo si aggiunge lo scarso livello di redditività del settore retail. In Italia il basso indebitamento delle famiglie non ha comportato i rischi di insolvenza che hanno avuto le banche straniere. Tuttavia i margini di deposito ridotti a zero, a causa dei bassi tassi di interesse, rappresentano per Moody's «una seria minaccia». Il quadro infine si completa con l'alto livello dei costi operativi e l'incidenza di altri fattori, come quello dei tempi e i costi della giustizia, che da sempre frenano il settore creditizio nel nostro paese.

«Nel futuro - spiegano Henry MacNevin, Carlo Gori, gli analisti che hanno curato il report - assisteremo molto probabilmente a un processo di consolidamento del settore per far fronte al problema dei costi. In Spagna questo è già avvenuto anche perché molti soggetti hanno rischiato di fallire». questo pericolo in Italia non c'è ma «viste le poco incoraggianti prospettive economiche - stima Moody's - gli utili delle banche continueranno a subire pressioni negative nei trimestri a venire».

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Tags Correlati: Banca d'Italia | Banca Mps | Banco Popolare | Basilea | Borsa di Milano | Carlo Gori | Intesa Sanpaolo | Moody's | Rating

 

Non certo la condizione ottimale per prepararsi a Basilea 3. In questo contesto le banche messe meglio secondo l'agenzia di rating sono quelle a maggiore redditività che sono Cariparma, Carige e Intesa Sanpaolo. Più critica la posizione di Banco Popolare e Banca Mps. Queste ultime - fa notare il report di Moody's - hanno la quota più alta di crediti problematici (sopra il 10%). Non stupisce quindi che la prima abbia annunciato un aumento di capitale da 2 miliardi di euro e, stando alle ultime indiscrezioni, stia pensando a un nuovo bond subordinato di durata decennale.

Il settore bancario italiano secondo Moody's si merita nel complesso un rating "C" che indica un'adeguata «forza finanziaria intrinseca». La media del comparto, ponderata per le dimensioni, «è fortemente influenzata dai rating più elevati di Unicredit (C) e Intesa Sanpaolo (B-). La media non ponderata dei rating Bfsr delle banche italiane è «C-» segno che la maggioranza delle banche è vulnerabile alle avversità». Il livello di rating, relativamente solido, delle due banche maggiori secondo Moody's fa eccezione in quanto, nonostante una qualità degli attivi non forte, riflette la forza della rete commerciale.

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