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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2010 alle ore 07:23.
Dopo mesi di rally sui mercati agricoli, nel mondo è di nuovo allarme cibo. Per ora non si segnalano disordini analoghi a quelli scoppiati in diversi paesi nell'estate 2008, ma i prezzi degli alimentari sono già tornati ai livelli di quel periodo: il Food Price Index, elaborato dalla Fao per riflettere l'andamento di prezzo di 55 prodotti commestibili, è salito anche in ottobre, per il quarto mese consecutivo, raggiungendo 197,13 punti (+4,4% rispetto a settembre).
Si tratta del picco più alto da luglio 2008, non distante dal record storico di 213,5 punti, che risale a giugno di quello stesso anno. Se carni e latticini sono rimasti più o meno stabili, tutti gli altri generi alimentari hanno subìto forti rincari: nel giro di un mese i cereali – già in rialzo da giugno – sono aumentati di oltre il 5%, gli oli vegetali si sono impennati di quasi il 10% e lo zucchero è salito dell'8,5%, portando il Sugar Index della Fao ai massimi dal 1990, anno in cui l'agenzia Onu ha iniziato le rilevazioni. Proprio lo zucchero grezzo sui mercati dei futures ha registato ieri un record trentennale: segno che l'ondata di rialzi non si è ancora esaurita.
All'Ice le quotazioni si sono spinte fino a 30,64 cents per libbra, aggiornando il record dello scorso febbraio (la chiusura è stata a 30,12 USc/lb, +2,3%). Intanto al Liffe anche lo zucchero raffinato ha continuato a salire, terminando a 745,50 $/tonn, massimo da 9 mesi. Gli investitori aspettano con ansia crescente che New Delhi decida se autorizzare le esportazioni di dolcificante (il verdetto, ha già chiarito il governo, non sarà sciolto prima di metà novembre).
Le forniture dall'India – appena tornata a produrre in eccesso rispetto alle proprie necessità, dopo essere stata costretta ad enormi importazioni – appaiono sempre più irrinunciabili, per soddisfare i mercati mondiali: dopo le avversità climatiche in Brasile, Russia, Pakistan e Cina, nessuno crede più alla prospettiva di un abbondante surplus nella stagione 2010-11. Gli analisti, uno dopo l'altro, hanno tagliato le previsioni e ora si aspettano un fragile equilibrio tra domanda e offerta.
L'India potrebbe davvero fare la differenza: se non esportasse affatto i prezzi dello zucchero potrebbero addirittura raddoppiare, secondo Jonathan Kingsman, dell'omonima società di consulenza. Il rischio è remoto. D'altra parte, come ha evidenziato ieri un report di Rabobank, le scorte indiane sono oggi intorno a 4 milioni di tonnellate, contro un livello auspicato di 10. Inoltre, tra imprese saccarifere e coltivatori indiani è di nuovo in corso una querelle sul prezzo delle forniture di canna da zucchero: un braccio di ferro che potrebbe rallentare i processi di raffinazione.