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Finanza e Mercati In primo piano

L'Irlanda fa paura. I grandi Ue rassicurano sui debiti sovrani: nessuna ristrutturazione sui contratti attivi

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 09:56.

I governi di Italia, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito provano a rassicurare il mercato dopo una giornata di passione per i debiti sovrani dell'Eurozona, che hanno visto impennarsi i rendimenti e allargarsi gli spread.

E lo fanno in una dichiarazione congiunta in cui assicurano che «quale possa essere il dibattito all'interno dell'Eurozona circa il futuro meccanismo permanente di risoluzione delle crisi e la possibilità di un coinvolgimento in quel meccanismo del settore privato noi abbiamo ben chiaro che questo non si applica ad alcun titolo di debito in circolazione né a qualsiasi programma avviato in base agli strumenti attuali. Un eventuale nuovo meccanismo entrerà in vigore solo dopo la metà del 2013 e non avrà alcun impatto sui contratti attuali».

Un messaggio chiaro quindi che dovrebbe (almeno questo sperano) allontanare lo spettro di una ristrutturazione dei debiti sovrani. In molti nei giorni scorsi, per spiegare la rinnovata tensione su spread e rendimenti dei titoli di stato, avevano fatto riferimento all'incertezza e ai differenti punti di vista dei vari governi dell'Eurozona a questo riguardo. E in particolare alla necessità, sollevata da Berlino e recentemente anche da Parigi, che anche i privati si facessero carico di un eventuale salvataggio di uno dei paesi della Ue. Il timore del mercato, in primis le grandi banche europee che in questi mesi hanno fatto incetta di titoli di stato dei paesi periferici, era che questo orientamento si traducesse in una ristrutturazione del debito. Un'operazione che avrebbe un notevole impatto per i conti delle banche europee esposte in Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda.

Il fondo di stabilità europea, l'Efsf, é già in vigore, ricorda il comunicato, e la sua attivazione non richiede il coinvolgimento del settore privato. «Osserviamo che il ruolo del settore privato nel futuro meccanismo potrebbe includere un'ampia gamma di possibilità, come un impegno volontario degli investitori istituzionali a mantenere l'esposizione, un impegno dei privati a prorogare la scadenza di debiti esistenti o l'inclusione di clausole per azioni collettive nelle future emissioni di bond dei paesi membri dell'eurozona».

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I timori di un contagio irlandese intanto restano alti. Il 51% degli investitori intervistati in un sondaggio dell'agenzia Bloomberg ha detto di ritenere probabile il default, contro un 42% che lo ritiene improbabile. La quota dei pessimisti è triplicata rispetto a giugno. L'agenzia nazionale del debito ha comunicato che, per far fronte ai suoi debiti, Dublino dovrà raccogliere 23.5 miliardi di euro nel 2011. cifra che scenderà a 20.7 miliardi nel 2012 e 18.9 miliardi di euro in 2013.

Insomma nonostante le rassicurazioni del governo irlandese, che si appresta a votare una finanziaria con 6 miliardi di euro di tagli (prima tappa di un piano di austerity da 15 miliardi), c'è preoccupazione tra gli addetti ai lavori. L'ennesima giornata di passione dei mercati obbligazionari sta a dimostrarlo. «Gli investitori si stanno comportando in maniera irrazionale» si è sfogato il primo ministro irlandese Brian Cowen.

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